Già sembra una pena pesante ritrovarsi in casa due figli capaci di ammazzare, o quasi, un loro amico. La sera del 6 dicembre 2008, un padre e una madre di Genova hanno raccolto questo bel risultato dal loro lungo e complicato lavoro di educazione. Cristina, la primogenita, 19 anni, cantante con molte ambizioni in testa, aveva preso in odio, proprio non lo sopportava più, il chitarrista della sua band «Soul Cry», un ragazzino 16enne troppo lento, decisamente inadeguato ad assecondare le sue doti di vocalist. Certe volte l'avrebbe ammazzato. Quella volta, dopo un debito lavaggio del cervello al fratello minore Andrea, ancora lontano dalla maggiore età, ci provò sul serio. I due aspettarono il chitarrista in un vicolo di Sestri e lo giustiziarono con quaranta coltellate. Se l'agguato non finì in omicidio fu per puro caso, o per puro miracolo: il sedicenne riuscì in qualche modo ad attutire i colpi. Lo salvarono all'ospedale, ma le cicatrici restano tutt'oggi, con un'invalidità del sessanta per cento. Soprattutto, con una menomazione dell'anima: come raccontano i genitori, il ragazzino non è più lo stesso.
Fratello e sorella stanno pagando per quella follia. Lei, la dark lady di famiglia e della band, sconta sei anni in una comunità, dopo che l'hanno riconosciuta seminferma. Al fratellino Andrea, giudicato dal Tribunale dei minori, viene concessa la «messa in prova», percorso particolare che permette la riabilitazione sotto stretto controllo.
Alla famiglia della loro preda, però, non può bastare. Il loro ragazzo paga tutti i giorni per quelle quaranta coltellate, un disagio fisico e spirituale di cui qualcuno deve pur rispondere. Con sentenza decisamente choccante, come riferisce Il Secolo XIX, il Tribunale di Genova arriva ora a stabilire chi e come debba rispondere: tocca ai genitori dei due fratelli accoltellatori, nella misura di 822.055,66 euro.
Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, e questo lo sappiamo direttamente dall'antico libro dei proverbi, ma quelle dei figli? Il tema è intramontabile. La legge, che in qualche modo deve codificare rigidamente la nostra vita, è piuttosto chiara: fino a quando un individuo è minorenne, i danni provocati sono a carico dei genitori. Una semplificazione necessaria, che comunque esprime anche un'idea alta e indiscutibile: non ancora perfettamente autonomi e responsabili, i figli vanno in qualche modo controllati, educati, tutelati da chi li ha messi al mondo. Discussione lunga e inconcludente è poi quella sulla effettiva coincidenza dell'acquisita maturità con i diciotto anni: c'è gente che non è responsabile dei propri atti neppure a ottant'anni, ma chiaramente il codice non può arrivare al caso per caso.
La sentenza di Genova però va molto più in là di questa dottrina acquisita: i genitori, sostiene il tribunale, devono pagare per colpe proprie, pesanti, specifiche. A poco serve la loro autodifesa, quando spiegano che Andrea si era sempre mostrato «irreprensibile», non aveva mai dato segnali di inclinazioni alla violenza.
Per il giudice, conta zero. Al massimo, questi racconti familiari «provano il corretto comportamento in ambito scolastico e il rispetto del ragazzo degli orari di rientro a casa». Ma non basta. Soprattutto, non sono «prove idonee a contrastare l'evidente carenza o inefficacia di educazione al rispetto dell'altro».
Alla radice di questo dramma, spiega ancora il tribunale, c'è «la grave immaturità del ragazzo, allora già sedicenne, sia sul piano cognitivo che su quello affettivo, con conseguente notevole difficoltà a operare una corretta valutazione dei propri atti». Quella «personalità disarmonica, dai tratti narcisistici» trova un'origine chiara nell'ambiente in cui è cresciuto. Risalendo la lunga catena delle cause e degli effetti, il tribunale arriva così all'origine prima, alla madre di tutte le colpe e di tutti gli errori: «Le oggettive carenze dell'attività educativa, o quantomeno nell'attento monitoraggio della presenza di palesi deficit di maturità del minore».
Tradotto in italiano corrente, i genitori si beccano la patente di falliti. Non hanno educato, non hanno controllato.
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