Niente maxiemendamento al ddl anticorruzione. Se fonti parlamentari parlavano della possibilità che il governo ponesse la fiducia su un unico "maxi-quesito", relativo all'articolo 10, che riguarda l'incandidabilità dei condannati in Parlamento, tanto quanto alle norme penali - su questo punto la modifica, rispetto quanto uscito dalle commissioni, riguarda i tempi della delega, che scendono da dodici a sei mesi - è l'Aula a smentire la possibilità.
Il governo non porrà un'unica fiducia su un maxiemendamento, che non c'è bensì tre distinte questioni. Il voto finale sul testo si avrà invece giovedì pomeriggio. La fiducia sarà chiesta sull'articolo 10 (incandidabilità dei condannati), poi sul 13 (norme penali con nuovi reati, tra cui il traffico di influenza). E ancora sul 14 (corruzione tra privati). Posta la fiducia si procederà con le votazioni sui restanti articoli fino al 20.
È il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, a far presente che "nonostante le promesse che aveva fatto nel corso delle ultime sedute" il governo non è riuscito ad "arrivare in tempo con un testo di un maxiemendamento". E a chiedere "un congruo spostamento dei tempi per la continuazione della discussione del provvedimento".
Dopo l'annuncio del ritiro del maxiemendamento, il presidente della Camera Gianfranco Fini aveva attaccato il governo, dicendo che l'atteggiamento dell'esecutivo, che dopo cinque giorni non dava ancora certezze sulla fiducia, "mortifica il ruolo della Camera". Giarda, dopo l'annuncio delle tre fiducie, aveva minimizzato l'accaduto, sottolineando la "piena comunità d'intenti" con il presidente della Camera.
Il leader dell'Idv Antonio di Pietro, al termine della mattinata, ha commentato gli avvenimenti con un: "Siamo ormai al mercato delle vacche" e accusando il governo di essere "amorfo e incapace di prendere uan decisione".
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