Il decreto salva-Ilva è costituzionale e non è un pronunciamento contro i magistrati. Nel day after del provvedimento che ha blindato il percorso di risanamento dell'acciaieria tarantina senza fermare la produzione, la preoccupazione del governo è soprattutto questa: evitare che la magistratura si metta di traverso. Un rischio concreto, se Maurizio Carbone, segretario dell'Associazione italiana magistrati, precisa che «il sequestro preventivo finalizzato a impedire il protrarsi di reati gravi che mettono a rischio la salute della collettività non può essere sospeso da un decreto legge» e getta lì una frase che suona quasi minacciosa: «Dire che sia stata eliminata ogni fonte di pericolo per la collettività è un'assunzione forte di responsabilità da parte del governo».
Così da Palazzo Chigi tutti si affrettano a infiocchettare il decreto varato venerdì, che recepisce l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l'Ilva, dovrà essere firmato dal presidente della Repubblica ed entrerà in vigore all'indomani della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. «Siamo molto fiduciosi sul decreto legge, che abbiamo approfondito in ogni aspetto, a cominciare dagli aspetti di costituzionalità», garantisce da Verona il premier Mario Monti, che poi aggiunge: «Non possiamo ammettere che in Italia ci sia la drammatica alternativa tra lavorare e vivere. È solo trasformando la struttura della nostra economia, le istituzioni che la governano che possiamo rimettere sulla carreggiata giusta e di una moderna economia di mercato il Paese». Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera è sulla stessa lunghezza d'onda: «Il decreto sull'Ilva non solo è costituzionale ma valorizza moltissimo quello che la magistratura ha deciso. Non parliamo di nazionalizzazione ma il decreto prevede pressioni forti sulla proprietà. Se chiude l'Ilva non avremo né salute né lavoro». Passera apre decisamente alla possibilità che l'impianto tarantino finisca ad acquirenti stranieri: «La proprietà è meno importante, l'importante è che vengano fatti i lavori richiesti dalla magistratura nel minor tempo». E anche altri ministri intervengono, da Corrado Clini («Non so quali saranno le decisioni della Procura di Taranto ma mi auguro che possano valutare con serenità i contenuti del provvedimento, che non hanno affatto aperto un conflitto con l'iniziativa della magistratura, ma sono anzi molto rispettosi di questa») e Paola Severino («Il caso Ilva è difficile perché bisogna coniugare il diritto dei cittadini alla salute con i livelli occupazionali. Il provvedimento del governo ha cercato di tenere in conto tutto questo»).
Ma nel giorno in cui Taranto si ferma per i funerali di Francesco Zaccaria, l'operaio ventinovenne ucciso dalla tromba d'aria dei giorni scorsi che lo ha sorpreso a manovrare una gru, la polemica politica non si placa. «A Taranto ora si può inquinare per decreto. Con questo decreto il governo ha commissariato la magistratura che ha agito per ristabilire la verità difendendo il diritto alla salute e alla vita», accusa il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. Duro anche il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza: «Avremmo preferito un decreto salva-Taranto in luogo di un decreto salva-Ilva». Schierati dalla parte del governo il senatore del Pdl Altero Matteoli («Se la magistratura pensa di risolvere il problema dell'inquinamento in pochi giorni bisogna che si attrezzi con i miracoli.
Se qualcuno è capace lo faccia») e quello del Pd Ignazio Marino («È acclarato che se un sito viene chiuso e abbandonato nessuno se ne occupa più per le bonifiche necessarie»).
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