«Aosta? Forse ci andrò in vacanza». Antonio Ingroia non ha nessuna intenzione di accettare la decisione del Csm, che ha trasferito l'ex procuratore aggiunto di Palermo ed ex candidato, all'altro capo dell'Italia come sostituto.
È pronto il suo ricorso al Tar del Lazio e sarà presentato entro la settimana. Sarà una richiesta d'urgenza, perché il tempo stringe: il ministero l'ha infatti invitato a prendere possesso della nuova sede tra il 22 aprile e il 2 maggio.
Il leader di Rivoluzione civile (ora Azione civile) chiederà dunque una sospensione della delibera del Csm, che ha definito «palesemente illegittima» e addirittura «punitiva».
I suoi avvocati hanno lavorato attentamente per smontarla. L'obbiettivo è farlo tornare nell'isola, a Palermo o in un'altra città, e con le stesse funzioni di prima. Ingroia ha perso troppe volte in pochi mesi e almeno su questo punto non vuole proprio cedere. C'è stata la sconfitta alla Corte costituzionale, che ha ordinato la distruzione delle intercettazioni del presidente della Repubblica, avvenuta proprio ieri su ordine della Cassazione, che ha respinto l'ultimo ricorso. Poi il flop alle elezioni, dove si presentava come candidato premier e non è stato neppure eletto. I due procedimenti disciplinari di fronte al Csm, per aver attaccato la Cassazione quando ha annullato la condanna a Dell'Utri e per aver definito «politica» la sentenza della Consulta appunto sulle intercettazioni. E il no del Csm al suo incarico di esattore in Sicilia, offerto dal governatore Rosario Crocetta. Infine, il trasferimento ad Aosta.
Nel ricorso al Tar Ingroia sostiene che il suo caso, quello di un candidato in tutte le circoscrizioni italiane, non è previsto dalla circolare cui si riferisce il Csm sul rientro post elettorale. Per Palazzo de' Marescialli il magistrato deve andare ad Aosta perché è l'unico collegio dove non si è presentato alle elezioni, ma lui ribatte che il capoluogo della Valle fa parte del distretto di Torino e anche lì si è proposto agli elettori.
Per superare la lacuna della circolare, suggerisce il ricorso, semmai si potevano seguire le regole per il rientro in ruolo dopo incarichi esterni, visto che lui era anche in aspettativa per la missione dell'Onu in Guatemala. E queste prevedono il ritorno nella stessa sede occupata prima, cioè Palermo e sempre da aggiunto. Oppure, nella più vicina disponibile. Nell'isola, come Messina, o anche in Sardegna.
Ingroia aveva parlato anche di incarichi nazionali parametrati sulla sua anzianità e i suoi titoli: alla Super procura antimafia o in Cassazione. Ma per queste destinazioni sembra che non si possa ricorrere al cosiddetto «concorso virtuale», che gli farebbe superare gli altri pretendenti all'incarico. Ecco perché insiste su Palermo, malgrado le forti resistenze non solo al Csm ma nella stessa magistratura sulla possibilità che un candidato torni ad esercitare con la toga proprio lì dove ha chiesto voti.
Ingroia potrà ricorrere alla giustizia amministrativa anche per opporsi all'altra delibera, appena ratificata dal plenum, con cui la terza commissione gli ha negato la possibilità di accettare l'incarico di presidente di Riscossione Sicilia. È solo questione di tempo.
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