Roma - «Sono molto fiero della mia italianità e, al tempo stesso, sono molto triste. Un Paese che potrebbe avere tutto e spreca le sue doti: c'è il genio, la voglia di lavorare e creare, aziende che potrebbero eccellere, ma il sistema è un disastro».
Sir Rocco Forte, classe '45, è nato a Bournemouth in Inghilterra e vive a Londra, ma le sue radici ce l'ha in Ciociaria, dov'è venuto alla luce il padre Charles-Carmine, che in Gran Bretagna ha creato dal nulla un impero alberghiero e nel 1981 è stato nominato barone dalla Thatcher.
«Il suo paese d'origine - ricorda Rocco, con orgoglio - si chiamava Mortale, perché lì impiccavano i briganti. In onore di papà divenne Monforte».
Ora è lei a capo del gruppo che colleziona 11 hotel di lusso. Com'è la politica italiana vista da Londra?
«Molto difficile da seguire: ogni giorno cambia tutto. Per me, la crisi politica c'è perché manca una Thatcher. Prima di lei l'Inghilterra era il Paese più povero d'Europa, con sindacati forti, leggi sul lavoro sbagliate, tasse pesanti e larga evasione. Ma c'era e c'è un sistema che funziona: quando un partito vince ha il potere di cambiare davvero le cose. Lei ha creato un Paese diverso, più forte ed equo. E così la gente ha ricominciato a pagare le tasse».
In Italia, invece della Thatcher abbiamo avuto Monti.
«Che di fronte alla crisi ha aumentato le tasse, troppo facile. Senza toccare nulla di quello che doveva toccare, cioè la spesa troppo alta. E chi le paga, poi, queste tasse? I poveracci. È stata colpita anche la casa, forse l'unico loro asset».
Che cosa frena gli investimenti in Italia?
«Il problema principale è la legge sul lavoro, con l'impossibilità di licenziare. Nessuno ha il coraggio di cambiarla. Ricordo una colazione all'ambasciata italiana a Londra con Bersani, che era ministro dell'Industria nel governo Prodi. Gli dissi: Cambiate la legge sul lavoro. Lui mi guardò e disse: Mi sorprende che questa sia la cosa più importante da fare per un imprenditore come lei. Mi caddero le braccia. Non vogliono proprio capire, pensai. Sono passati 15 anni e Bersani certo la pensa ancora così. È rimasto bloccato su quella posizione. Nessuna evoluzione».
Non basta la riforma Fornero dell'articolo 18 ?
«No. In Italia ci sono aziende che rimangono magari a 3 dipendenti, comunque sotto i 15, per avere libertà di manovra. Potrebbero crescere ma non lo fanno, perché i lacci sarebbero troppi. Figurarsi un investitore che osserva dall'estero».
Che altro lo spaventa?
«I problemi della giustizia che non funziona, la lentezza dei processi. E poi la burocrazia, un inferno di autorizzazioni che non si riescono ad avere e allora devi chiedere aiuto al politico, quello naturalmente cerca qualcosa in cambio e così ti trovi sotto ricatto. Mi è successo quando ho aperto il mio resort Verdura Golf e Spa di Sciacca e siamo rimasti bloccati un anno e mezzo. Incredibile. Questo in Sicilia, che per il turismo potrebbe essere il top d'Europa. Purtroppo, ai politici manca una visione».
In questi giorni in Italia si sta cercando di formare un governo, tra mille difficoltà.
«Sì, ma per quanto tempo? Non c'è una vera maggioranza. Invece l'Italia ha bisogno di una maggioranza larga. Ecco un'altra cosa che allontana gli investimenti: l'instabilità».
La via d'uscita dalla crisi le appare ancora lontana?
«Tutti i Paesi europei, a parte la Germania, hanno speso troppo negli ultimi 10 anni e poi hanno alzato le tasse, invece di tagliare i costi. In Inghilterra c'è stata una crescita reale del 60 per cento delle spese del governo laburista e ora si parla di calare in 5 anni solo del 2,7 per cento. Senza una cura forte, la crisi durerà ancora a lungo».
Lei, però, in Italia investe: grandi alberghi a Roma, Firenze, in Sicilia. E in futuro?
«Per me l'Italia è casa. Mi piacerebbe aprire a Milano o Venezia. Ma cerco qualcosa al giusto prezzo. Non sono mica il sultano del Brunei!».
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