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Con l'amor patrio sconfisse il razzismo

Mandela in Sudafrica oppose il patriottismo al razzismo: esortò neri e bianchi all'amor patrio per superare le divisioni di razza. E questo lo rappresentò benissimo Clint Eastwood nel suo film "Invictus"

È stucchevole, e a volte insopportabile, il coro incessante in lode di Mandela che assorda Tg e prime pagine da svariati giorni. Fiumi di retorica, conformismo planetario, troppa glassa bianchiccia versata sul Nero. Però non mi lascio prendere dal riflesso condizionato inverso e non rispondo all'ovazione mediatica globale con la stroncatura. Mandela ha le sue pagine oscure e fece i suoi errori, e lui stesso lo ammise, ma resta un Grande, spese la vita per la Causa, ha reso migliori i rapporti tra l'Africa e il resto del mondo e tra i neri e i bianchi in ogni parte del mondo. Vorrei però ricordare due cose, laterali ma non secondarie, che sono state trascurate nell'orgia degli elogi fotocopia. La prima è che Mandela trovò in de Klerk l'interlocutore fattivo e poi l'alleato bianco. Fu lui a liberarlo dal carcere e a mettere nero su bianco alla fine dell'Apartheid. Non a caso il Nobel per la pace fu diviso tra i due.

La seconda cosa è che Mandela in Sudafrica oppose il patriottismo al razzismo: esortò neri e bianchi all'amor patrio per superare le divisioni di razza. E questo lo rappresentò benissimo Clint Eastwood nel suo film «Invictus» dedicato a Mandela. Lo sport fu per lui l'occasione per eccitare un sano spirito nazionale che unì bianchi e neri.

Mandela non fu Malcolm X, partì dal conflitto per giungere alla conciliazione, partì dall'afrocomunismo (con lo zampino sovietico) e arrivò alla nazione. Suonerà strano per le vuvuzelas umanitarie, ma Nelson debellò il razzismo anche col patriottismo.

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