Al Palacongressi di Rimini Maurizio Landini aveva intenzione di mandare scena la presunta unità delle opposizioni di sinistra contro il governo Meloni. Ma che l'impresa fosse a dir poco ardua lo si è intuito fin da subito: non solo perché Azione e Italia Viva non ci stanno minimanente a comporre un governo con i partiti più radicali, ma anche perché anche all'interno delle stesse forze che avevano sostenuto il governo Conte 2 l'idea di un "campo largo" resta ancora ancora di difficile realizzazione.
L'occasione di un dialogo è stata il congresso nazionale della Cigl: sul palco Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Giuseppe Conte e Carlo Calenda si sono confrontati gomito a gomito sul ruolo che i vari Partito Democratico, Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle e Terzo Polo dovranno avere in questa legislatura. Tuttavia in quello che - nelle speranze inziali - doveva essere un 'simpatico' minuetto tra anti-meloniani, ben presto viene squarciato tutto il velo di ipocrisia sul presunto allineamento tra le forze politiche che hanno perso le elezioni lo scorso 25 settembre.
Opposizione già divisa
Il refrain del fatto che "il centrodestra non è maggioranza nel Paese" mette d'accordo tutti. Ma, quando si arriva nel merito delle proposte politiche per convincere gli elettori che hanno scelto di astenersi l'ultima volta, ecco che le divisioni si palesano più evidenti che mai. Schlein, Fratoianni e Conte decidono di puntare sui temi cari alla sinistra: istruzione, sanità, la lotta per le diseguaglianze anche tramite una "chiara visione ecologica", stando a quello che dichiara l'ex presidente del Consiglio. Calenda, però, fa il guastafeste. L'ex ministro dello Sviluppo economico ci tiene subito a precisare: "Non potrei mai governare con le persone presenti qui oggi", è la sua immediata stoccata.
Il motivo è molto semplice: "Abbiamo posizioni divergenti sulla guerra in Ucraina, sui rigassificatori e sul Jobs Act". Il solo fatto di pronunciare il provvedimento sul lavoro, fiore all'occhiello del governo Renzi, fa scatenare fischi e urla dalla platea: "Fate duecento manifestazioni sulla democrazia, ora fatemi parlare". I militanti della Cigl aumentano i decibel e invitano Calenda a riflettere sulla patrimoniale: "Sapete quanto gettito fiscale ha dato in Francia? 400 milioni di euro, ma poi sono scappati tutti da un'atra parte. Perché se lo fai sui grandi patrimoni succede così. Ma vi volete leggere due numeri prima di mettere dei titoli appesi in aria?".
Poche bandiere in comune
La successiva provocazione di Calenda agli altri interlocutori è poi letale: "Io voglio rubare i voti alla destra, voi invece ve li rubate tra di voi". Conte, dalla sua, replica al leader di Azione: "Capisco quando tu vuoi rubate voti alla destra, ma non capisco quando voti insieme alla destra". Il pubblico applaude: "Ditemi quando ho mai votato con la destra", chiede Calenda in segno di sfida alla platea. "Le armi in Ucraina? Ah, allora mi volete dire che il Pd è di destra, visto che ha votato anche lui a favore. Non fate i pecoroni". A metà dibattitto gli animi si placano leggermente. Le convergenze sui contenuti ritornano in merito al salario minimo: per quanto esista ancora qualche differenza sulla proposta, tutti e quattro si sono dichiarati disponibili a un confronto reciproco nelle sedi opportune.
Nel finale di dibattito, la Schlein batte il tasto sui suoi cavalli di battaglia e stimola i rappresentanti del cosiddetto campo largo a scendere in piazza tutti insieme contro il governo per dire no alla Flat tax, all'autonomia differenziata, al decreto sull'immigrazione e al provvedimento sui figli delle coppie omosessuali. Fratoianni invita a tornare ad alzare al cielo tutte queste "bandiere" identitarie. Conte rivendica il reddito di cittadinanza e il superbonus e, più o meno convintamente, tutti si autoinvitano a confrontarsi in Parlamento. Lucia Annunziata, moderatrice del panel, si dice soddisfatta di queste tensioni tra i leader propone loro addirittura un "coordinamento anti-Papeete". Non si sa se questa ammucchiata avrà luogo in qualche spiaggia privata di Capalbio, ma i quattro approvano comunque la 'mozione': "Vediamoci fuori da qua". Un invito che, solo per il momento, non sa ancora di minaccia.
Le ombre sul campo largo
Rimane il fatto che, anche se dallo scacchiere di un possibile accordo di governo a sinistra si togliessero "comodamente" Calenda e Renzi, l'idea di una coalizione che alle prossime elezioni politiche vedrebbe compatti Pd, 5 Stelle e AVS resta peregrina. Emblematica, infatti, è stata da questo punto di vista la discussione di ieri alla Camera, dove nel Question Time la Schlein ha rubato la scena a Conte proprio sul tema del salario minimo. La paura che aleggia tra i banchi dell'opposizione è che alcuni parlamentari grillini possano (politicamente parlando) "morire" dem. E viceversa.
Le elezioni comunali di fine primavera forniranno già delle interessanti indicazioni in merito: se da adesso in poi dovesse infatti partire una lotta intestina a suon di voti da rubare all'alleato rivale, il governo Meloni può tranquillamente dormire sonni tranquilli per tutti i prossimi quattro anni e mezzo di legislatura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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