A quattro mesi dalla maggiore età, è finito davanti a un tribunale per i minorenni. È stato condannato a 15 anni di reclusione per omicidio volontario, una pena «mite» rispetto a quanto chiesto dall'accusa (26 anni di carcere) grazie alle attenuanti generiche concesse dal giudice con una motivazione che, inevitabilmente, ha scatenato polemiche. Perché Remi Nikolic, il ragazzo rom che il 12 gennaio dell'anno scorso ha travolto e ucciso a bordo di un Suv guidato senza patente il vigile milanese Nicolò Savarino, non aveva «precedenti penali particolarmente rilevanti». Ma soprattutto, è cresciuto in «un contesto di vita familiare caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento» e nella «sostanziale totale assenza di scolarizzazione».
Insomma, sembra di leggere tra le righe, Nikolic va capito perché è un rom. E come rom ha conosciuto fin da piccolo il mondo dell'illegalità e si è nutrito di modelli negativi, senza che la scuola - che sempre in quanto rom non ha mai frequentato - riuscisse a sradicare la mala pianta. Considerazioni, quelle del giudice, che sembrano contraddire parte delle stesse motivazioni di condanna, nelle quali Nikolic viene descritto come un ragazzo tutt'altro che sprovveduto o in balia delle circostanze. Nelle settanta pagine di documento depositato il 10 maggio, infatti, c'è un breve ma significativo capitolo dedicato proprio alla «maturità» del 17enne. «Il collegio - scrivono i giudici - rileva che le modalità di commessione dei reati e la natura dei reati, la cui antigiuridicità è percepibile anche da soggetti minimamente sviluppati (e l'imputato era quasi maggiorenne), non possono far dubitare che Remi Nikolic fosse in grado di comprendere il disvalore sociale dei reati che andava commettendo e di adeguarvi le proprie azioni». E allora qualcosa non torna. Se Nikolic era maturo per capire che stava commettendo un crimine, allora non può essere un'attenuante - soprattutto a 17 anni e 8 mesi - il modello negativo rappresentato dai genitori, dall'ambiente in cui è cresciuto, o l'assenza di istruzione.
Tanto basta, ovviamente, a scatenare la bufera. «Roba da matti - commenta il leghista Matteo Salvini -. Certe sentenze vengono scritte da giudici che vivono su un altro pianeta e gridano vendetta. Così si rischia di avvelenare il clima che noi cerchiamo di tranquillizzare. Se non ci fosse la Lega, ci sarebbe in giro gente che mena le mani, se non ci fossimo noi a tradurre in democrazia quella che è una legittima incazzatura, io mi preoccuperei».
Anche l'ex vicensindaco di Milano Riccardo De Corato - ora consigliere regionale lombardo - si dice «basito» dalla sentenza. «I cittadini onesti nonpossono non rimanere sconcertati. E lo sconcerto degli italiani perbene potrebbe diventare rabbia, con tutto quello che ne potrebbe conseguire».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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