Dopo mesi di trattative, di accordi quasi raggiunti e poi saltati, i partiti della "strana maggioranza" sembrano stavolta veramente vicini ad un’intesa sulla riforma elettorale. In una intervista al Sussidiario (leggi qui), il vicesegretario del Pd Enrico Letta ha fatto sapere che sulla nuova legge elettorale "l’accordo c’è e fra poco verrà comunicato. Non solo, quando verrà annunciato scatenerà sicuramente le critiche di chi vuole continuare a nominare i parlamentari".
La novità vera, che influirà su campagna elettorale e scenari politici, è il premio di maggioranza al partito che prende più voti, una rivoluzione dopo vent’anni nei quali, a partire dal Mattarellum, il premio era assegnato alla coalizione vincente. La riforma sarebbe una mediazione tra i vari paletti posti da Pdl, Pd e Udc: il Pdl "strappa" il premio di governabilità al partito ma il Pd, che ha rinunciato al premio alla coalizione, punta a fissare una quota del 15%. Il Pd, a sua volta, ottiene i collegi come metodo per eleggere i parlamentari invece delle preferenze, gradite soprattutto all’area ex An del Pdl. I rapporti non sono ancora definiti ma i parlamentari dovrebbero essere eletti per i 2/3 con collegi e per 1/3 in base a listini bloccati. "Il Partito Democratico - sostiene Letta - preferisce i collegi, ma pur di cambiare sistema è pronto a ragionare anche sulle preferenze". Secondo il vicesegretario del Pd, il tempo è "maturo". Da qui l'appello al comitato ristretto della commissione del Senato affinché entro la settimana prossima esca allo scoperto. "Anche perché - conclude l'esponente democratico - abbiamo il dovere di dare seguito agli appelli del Capo dello Stato, a cui il Paese deve moltissimo". La nuova legge elettorale prevede poi uno sbarramento: entreranno in parlamento i partiti che superano il 5% su base nazionale o l’8% in almeno tre regioni, clausola che è già stata ribattezzata "salva Lega" visto che il fortino elettorale del Carroccio, nonostante l’emorragia di voti degli ultimi mesi, resta al nord.
"Sulla legge elettorale non ci sono, come molti dicono, accordi già fatti", frena Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc, spiegando che "ci sono però le condizioni perché la prossima settimana sia decisiva per arrivare a una legge che sappia rispondere agli appelli del Capo dello Stato e alle attese degli italiani". "Tutte le questioni sul tavolo del confronto tra le forze politiche sono importanti - afferma Cesa - ma più di tutte lo è la rappresentanza". Per i centristi, infatti, le preferenze restano lo strumento più affidabile per restituire ai cittadini la scelta di chi mandare in Parlamento. "Reintrodurle - conclude Cesa - sarebbe un bene per tutti i partiti e per la credibilità della politica".
Fortemente critico è, invece, il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro: "Cambiare il porcellum prima delle prossime elezioni è un dovere a cui questo Parlamento non può venire meno. Ma la nuova legge elettorale deve essere migliore e non peggiore della porcata di Calderoli, sennò si finisce dalla padella nella brace".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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