L'obiettivo del Cav è Renzi

L'obiettivo del Cav è Renzi

Mi domandano il perché. Perché Berlusconi ha ripreso il comando del suo movimento a costo di rompere, se non seguano regola di prudenza, con i ministeriali? Non mi sembra tanto difficile capirlo, a parte il restauro della faccia dopo la giravolta obbligata del 2 ottobre sulla fiducia (e anche queste cose contano). Enrico Letta si è condannato a un ruolo di vice Monti, con l'aggravante che non fa il becco di una riforma e si muove a passettini, in una logica minore di sopravvivenza, e, pur non essendo un tecnico di prestigio, ha deciso di non fare politica, di non lavorare per la pacificazione, limitandosi ad attirare nel gorgo del ministerialismo minimalista il dissenso da Berlusconi. Essere persona perbene conta, ma non basta. Con un Paese lontano da una vera ripresa, il presidente del Consiglio agita bandierine lacere e scolorite: la stabilità, il semestre europeo (vecchia truffa dei ministeriali continuisti), qualche negoziato economico e di potere capace di avere un po' di influenza sui giornali. E Berlusconi non vede l'ora di passare all'opposizione. La larga coalizione è fallita, lo vedono tutti. Non è così strano né sconveniente che i soggetti della politica se ne vogliano distanziare al più presto.

Anche Matteo Renzi fa professione di lealismo verso l'amico Letta, ma su un terreno molto scivoloso. Lo stesso capo del governo a Genova quest'estate disse, motto ineffabile in bocca a chi guidi l'esecutivo, che non è questo il ministero che a lui piace dirigere, che di ben altro ha bisogno il Paese, un governo che esca da un confronto bipolarista, con chiara maggioranza e chiaro programma riformista. Ecco, Renzi alla Leopolda non ha bisogno di altro che di mettersi su questa scia. Vogliamo vincere, vogliamo il futuro, il presente è uno sguardo perdente rivolto al passato. Berlusconi e i suoi politici, salvo i ministeriali, non hanno voglia di lasciare a Matteo il monopolio del cuore, della prefigurazione, del ritorno al futuro. Direte: ma i guai giudiziari te li sei dimenticati? I guai giudiziari non esistono, sono un'espressione coniata dagli aguzzini del Cav. Per dimostrare che è un passante incappato in molti processi e in una sentenza definitiva, che se la prenda con se stesso. Esiste invece un ventennale assedio, che ha fatto irruzione oltre le mura della città con la riproposizione belluina del comune senso del pudore (condanna Ruby) e con la trasvalutazione forzata di tutti i valori giuridici e di senso comune (il contribuente più forte condannato per frode fiscale in quanto proprietario di un'azienda il cui capo operativo e firmatario dei bilanci è stato assolto). I guai giudiziari cosiddetti sono solo la battaglia finale di un leader inviso alla casta mediatico-giudiziaria, e per ottime ragioni, visto che è un outsider e un nemico strategico della Repubblica delle procure.

Berlusconi non ha mai fatto politica con l'intensità di oggi, nonostante proceda come al solito per scatti, si faccia condizionare dall'umore e dall'istinto, e si muova in modo spesso incomprensibile quanto alla scelta dei tempi e dei modi tattici. Gli opportunisti e i governativi lo vedono indebolito, sognano di staccarsi da lui in tempo, di riprendere a navigare come una compagnia di giro imbellettata dal dissenso, figuriamoci un po', roba alla Gianfranco Fini. Non hanno capito che il consenso di cui Berlusconi continua a godere è il vero, e direi unico, dato politico della situazione. Non hanno capito che sarebbe miserevole e senza destino una scissione all'insegna del lettismo, con la presunzione di potersi riparare sotto la gonna di Napolitano, che non fa da scudo ai perdenti, a parte il suo ruolo istituzionale. Dicono che l'Italia ha bisogno di riforme radicali, e intanto, come hanno scritto Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, in qualche mese hanno perso tempo rinominando la tassa sulla casa: pigrizia, inefficacia, mancanza di senso della prospettiva. Dovevano mettersi a disposizione del progetto di Renzi e Berlusconi e Grillo, la convergenza dei consensi: superare in modo non catastrofico la larga coalizione che perde peso e significato ogni giorno di più. Invece mostrano di voler vivere a spese della stabilità mortuaria, per agganciare il semestre europeo e farsi strumento di manovre stabilizzanti incomprensibili ai cittadini di sinistra, di grillolandia e di destra. Berlusconi con i suoi strappi si spiega da sé, come abbiamo visto, quello che non si spiega è il lavoro di cucito o di piccolo punto di un gruppo politico che Berlusconi ha inventato letteralmente e ha messo alla guida della delegazione di governo del suo movimento.

Martelli e Fini hanno scritto le loro memorie di politici che volevano salvare l'onore l'uno dei socialisti e l'altro della destra, il primo dopo vent'anni di tentativi minori da saltimbanco, il secondo dopo un'estate di letture a via di Valcannuta. Aspetto di leggere le memorie di Quagliariello, di Formigoni e di Lupi con la stessa ansia.

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