Ora che il salatissimo conto da pagare è arrivato, Giuseppe Conte fa finta di niente. Come se non ne sapesse nulla. Eppure, al tavolo delle decisioni - quando bisognava scegliere il menù - lui c'era eccome. Quello messo in campo dal leader pentastellato sul Superbonus è un giochino politico abbastanza avvilente: dopo aver voluto a tutti i costi la controversa misura, l'ex premier si scansa ora sugli effetti disastrosi da essa prodotti nelle casse dello Stato. "La misura risale al 2020 e io sono andato via a febbraio 2021. Quando vai via, non hai più accesso ai dati. Draghi e Meloni avevano il dovere e la responsabilità di controllare", ha affermato il capo del Movimento in un'odierna conferenza stampa a Roma.
Così, Giuseppi ha di fatto scaricato la patata bollente tra le mani dei suoi successori a palazzo Chigi. "Se per loro la misura iniziava a crescere troppo, evidentemente avevano il dovere di dire perché e per come volevano cambiarla. Noi abbiamo avuto Giorgetti ministro dello Sviluppo economico con Draghi e dell'Economia con Meloni", ha detto il leader pentastellato. "Io mi assumo sempre le responsabilità di quello che faccio", ha proseguito, spiegando di aver solo reagito a "questo spettacolo indecoroso allestito dal governo attuale e a questa campagna mistificatoria in cui il Superbonus è diventato il capro espiatorio della loro incapacità". Il riferimento è alle contestazioni che, anche nei giorni scorsi, il ministro Giorgetti aveva rivolto al provvedimento grillino, da lui definito "una valanga che ha prodotto disastri".
Ma la posizione dell'ex presidente del consiglio ha una sostanziale debolezza di fondo. Se è vero infatti che il Superbonus non si è limitato al periodo in cui Conte era premier, è altrettanto vero che la misura è stata voluta proprio dai pentastellati. Proprio come accaduto con il reddito di cittadinanza (altro cavallo di battaglia grillino), le allettanti premesse sono state disattese e gli effetti negativi non hanno tardato a manifestarsi. Così, quando si trattava di promettere aiuti a pioggia, i 5s erano in prima fila; ora invece, di fronte ai dissesti provocati da quelle misure assistenzialiste, quelli del Movimento scaricano le responsabilità sugli altri e se ne lavano metaforicamente le mani.
"Non ho mai detto che il Superbonus era senza costi per la collettività, ho detto che 'chi ristruttura lo fa gratuitamente, per come era costruito il meccanismo' e non ho detto una bugia. Ci pentiamo di quella misura? Secondo me, assolutamente no. È un capro espiatorio. Tutte le forze politiche si sono buttate sul carro del Superbonus e adesso prendono le distanze, soprattutto Giorgetti e Meloni. Parlano solo del costo, non è disonesto non dire il ritorno?", ha attaccato ancora Giuseppe Conte, che nella conferenza stampa tenuta a Roma non si è risparmiato nemmeno quando si trattava di criticare il Pd.
"Su alcune battaglie siamo insieme, ma su altre non ci siamo", come per "l'invio di armi all'Ucraina", ha detto l'ex premier. Poi l'affondo al partito di Elly Schlein. "Per le nostre liste io non ho fatto casting, anche le personalità esterne che abbiamo candidato - Tridico, Antoci - sono figure che rafforzeranno le nostre battaglie. Ho visto che il Pd ha fatto legittimamente altre scelte, ha deciso di candidare anche chi la pensa diversamente dalle posizione ufficiali del partito" ma è in grado "di ampliare e raccogliere consenso. Noi no". La campagna elettorale è in pieno svolgimento anche per il leader pentastellato e lo si intuisce dai toni, in questo caso caustici anche nei confronti dei possibili sodali del campo largo.
Conte ha inoltre annunciato di aver depositato in Parlamento una nuova proposta di legge che apporta modifiche a una precedente legge in materia di incandidabilità dei membri del Parlamento nazionale al Parlamento
europeo. "Se verrà approvata questa pdl, non potranno essere candidati coloro che ricoprono la carica di deputato, senatore e componente del governo alla data di convocazione dei comizi elettorali", ha spiegato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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