Mentre giornali e tv ci informano appassionati che i grandi della terra stanno impegnandosi molto per inviare al Royal Baby il dono più originale, dall'Australia persino un alligatore, mi compiaccio e mi intenerisco nel girare all'opinione pubblica italiana una notizia molto più grande e molto più importante, secondo me: la piccola Alice, due mesi e un nome di fantasia, non è più detenuta nel carcere di Bologna.
Come abbiamo cercato di raccontare giorni fa, stava dentro da un mese con la mamma, una ragazza di 19 anni che non ha ammazzato nessuno, ma che è finita in galera per reati conto il patrimonio. Ci era sembrato scandaloso e insopportabile che una nazione civile, nota come culla del diritto, accettasse tranquillamente di lasciare in cella una creatura tanto piccola, benchè a fin di bene, per non staccarla dalla madre, senza fare uno sforzo di fantasia e di pietà per trovare una sistemazione più umana a entrambe, titolari di una storia disgraziata, con la famiglia materna in Croazia e il padre non pervenuto.
Volere è potere, quando si vuole davvero. Oltre i comma, oltre qualunque rigidità normativa, la giustizia italiana si è messa alla prova e una soluzione l'ha trovata. Tecnicamente, viene sfruttato il passaggio in giudicato della condanna, che sblocca possibilità alternative. Ma il cavillo importa poco: conta molto di più che la questione abbia scosso le coscienze. Per nessun motivo al mondo una bimba deve stare in galera. Alice ci è rimasta un mese su due: metà della sua minuscola vita è già un'atrocità che grida vergogna e che dovrebbe farci perdere il sonno. Altro che appassionarci come sudditi idioti alle vicende domestiche della regina d'Inghilterra (confessione doverosa: sono sfacciatamente di parte, repubblicano radicale, vedere media e pubblico italiani estasiati per le storie di troni e di eredi mi deprime terribilmente). Non sono poi tanto divagazioni. Difficile non pensare a quanto possa essere stravagante e carogna il destino: senza che loro c'entrino nulla, un bambino nasce in Inghilterra, nella famiglia reale, e si ritrova il mondo ai suoi piedi, una sua coetanea nasce in una storia di degrado e si ritrova subito nello squallore lugubre di un carcere. Non possiamo fare nulla per cambiare questa logica insondabile, possiamo però fare qualcosa per evitare almeno le umiliazioni peggiori. Possiamo indignarci. Provare un senso di ribellione. Gridare una parola.
Alice, la Sad Baby, la bambina triste, finalmente è fuori: se questo non è un lieto fine, gli somiglia molto. Certo la sua vita non diventa improvvisamente un ballo in maschera, ma è fondamentale che qualunque cosa diventi, lo diventi in libertà, lontana anni luce da una galera, in braccio alla sua mamma, sperando la ragazza nel frattempo maturi una condotta più lineare. Per noi che ne abbiamo parlato, raccogliendo la segnalazione del CorriereBologna.it, è una bella giornata. Alice non l'abbiamo liberata noi, certamente. Però non l'abbiamo ignorata. Peccato soltanto che in seno alla stampa italiana questa storia pesantissima sia passata via tra le non-notizie, indegne di spazio e di attenzione. Nemmeno da paragonare con i primi ruttini del Royal Baby. Ma non importa: non serve essere in affollata compagnia, per combattere battaglie giuste.
Purtroppo, mentre Alice torna libera, un'altra sessantina di bimbi continua la detenzione. É ovvio che questa legge disumana vada cambiata: non per abbuonare nulla alle madri detenute, ma per garantire all'infanzia i suoi diritti fondamentali. Le soluzioni alternative sono innumerevoli, basta lavorare di fantasia. Soprattutto bisogna percepire la profonda inciviltà di questa situazione.
C'è un principio vitale e assoluto che deve prevalere: i bambini non si toccano, nemmeno a fin di bene.Per risarcirla del mese trascorso in galera, Alice si merita una nuova legge, una buona legge, che porti il suo nome. A lei la legge, a noi l'idea di essere un Paese migliore.
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