Castelletti, riuscirà a portare Tosi al ballottaggio?
«Sono fiducioso. Non solo lo porterò al ballottaggio, ma lo batterò».
L
uigi Castelletti, 57 anni, vicepresidente vicario di Unicredit, ha un’idea meravigliosa. Togliere Verona a chi pensa ormai che sia di sua proprietà, vale a dire il sindaco attuale, quel Flavio Tosi, 42 anni, leghista di stretta osservanza maroniana, che fino a qualche tempo vedeva la sua rielezione, alle elezioni del 6-7 maggio, come una formalità.
E invece oggi Tosi ha paura?
«Onestamente non lo so. Di sicuro ha iniziato a fare campagna elettorale davvero da appena quindici giorni, peraltro con mezzi illimitati. Prima riteneva di avere un tale vantaggio sugli avversari da ritenere la campagna elettorale un fastidio».
Sia lei sia il candidato del centrosinistra Michele Bertucco puntate tutto sull’anti-Tosismo...
«Io e Bertucco abbiamo delle valutazioni convergenti su Tosi. La prima è che quando le cose vanno bene lui è uomo della Lega, quando le cose non vanno bene come negli ultimi tempi ecco i distinguo. Ma chi dà il voto a Tosi deve sapere che è un voto al Carroccio. Lui è il figlioccio di Maroni, che ha più volte gridato Padania libera. Ecco, io credo a Verona come a una porta dell’Europa; non vorrei che ci svegliassimo un giorno porta della Padania».
Seconda perplessità?
«Noi vogliamo un sindaco che amministri la città e non la sua immagine politica nazionale. Tosi un anno e mezzo dopo la sua prima elezione con larghissimo consenso già era pronto a concorrere alla presidenza del Veneto. E si capisce benissimo anche ora che lui non si ricandida per amministrare Verona, ma in vista di altri futuri incarichi».
Su quali temi conta di batterlo?
«Su temi economici e finanziari. Io ho esperienze professionali e vorrei importare nell’amministrazione pubblica delle regole semplici simili alla gestione di un’azienda pubblica. Come la valorizzazione delle risorse umane. Il contenimento dei costi quando i ricavi si abbassano. Il non enunciare un progetto senza un piano economico e finanziario che lo sostenga. L’affidare le poltrone nelle aziende municipali in base a criteri di competenza e non di appartenenza o di amicizia».
Cose che Tosi non fa?
«Beh, negli ultimi tempi sulla stampa sono apparsi articoli inquietanti sull’amministrazione Tosi. Prendiamo atto del fatto che il malcostume dei partiti a livello nazionale è arrivato anche in periferia».
Quanto ha influito sulla sua candidatura contro Tosi il divorzio tra Pdl e Lega?
«Nulla. Quando io ho fatto le mie riflessioni assieme a 36 persone che ora fanno parte della mia lista civica, abbiamo elaborato un programma dettagliato e lo abbiamo sottoposto a Pdl, Udc, Fli e Nuovo Psi, che lo hanno condiviso. Poi i partiti sanno che ora c’è un problema di antipolitica e hanno pensato bene di fare un passo indietro scegliendo di affidarsi a me, che non sono un professionista della politica».
Però lei si sente parte di un laboratorio politico?
«In qualche modo sì. Si cerca con la mia persona, con la mia storia e con quella di professionisti del lavoro quotidiano di aggregare i moderati di centro, laici e cattolici, fino ai moderati della sinistra, sulle tracce di un partito come il Ppe in Europa. Se ormai le decisioni si prendono a livello europeo, anche i partiti si devono modellare su quelli europei».
Lei ha cercato di far firmare a Tosi un impegno ad
«Anche l’etica ha un suo valore. Quindi no a inquisiti e condannati nella gestione della città. Comunque no, Tosi non ha firmato».
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