Prima la zuffa sul 25 aprile, poi le risse sul Primo maggio. Le due celebrazioni portano innumerevoli polemiche. È forse l'inizio di una "primavera calda"? Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con professore emerito di Scienza politica nell'Università di Bologna, Gianfranco Pasquino, e con il docente Storia delle Istituzioni Politiche della Luiss, Lorenzo Castellani.
La Festa della Liberazione è stata preceduta da una serie di polemiche sul fascismo. Perché in Italia non esiste ancora la ‘memoria condivisa’?
Castellani: “Non esiste per molteplici ragioni: la guerra del regime fascista è stata persa, poi c’è stata l’occupazione nazista del centro-Nord e lo scoppio di una guerra civile, conclusasi con l’intervento risolutivo dell’esercito anglo-americano. Questo ha dato vita a una transizione molto rapida in cui si è passati alla Repubblica nel giro di pochi mesi, senza che vi fosse una transizione particolarmente di rottura col fascismo, visto e considerato che la parte dirigente non politica è passata dal regime fascista alla Repubblica senza subire particolari conseguenze. Poi la Resistenza è un’esperienza variegata. C'erano i partigiani comunisti, ma anche i cattolici, liberali e repubblicani, uniti dal nemico comune fascista, ma che avevano delle posizioni spesso opposte. Non solo. L’Italia, inoltre, ha avuto il più grande partito comunista d’Europa. Questi due aspetti, compreso il fatto il Pci non poteva andare al governo perché non riconosceva il Patto Atlantico, hanno creato una grande difficoltà nel poter avere una memoria condivisa".
Pasquino: "Non mi interessa nulla della memoria condivisa. Mi piacerebbe che ci fosse una storia conosciuta. Chi non conosce la storia non ha nessuna memoria, ma ha solo una serie di pregiudizi e falsità sentite in giro. Meno memoria e più storia e, poi, ognuno si farà la sua interpretazione".
Cosa ne pensa della lettera della Meloni al Corriere della Sera?
Castellani: “Penso che sia uno sforzo apprezzabile dimostrare come la destra della Meloni abbia più nulla a che fare con la tradizione neofascista o post-fascista. È una riaffermazione delle tesi di Fiuggi, ma naturalmente la Meloni non vuole cadere nella retorica dei propri avversari che è quella dell’antifascismo militante ed è il motivo per cui la Meloni non usa quella parola, ma si richiama semplicemente alla Costituzione e alle libertà democratiche. Proprio perché la parola antifascismo viene considerata dalla Meloni come un termine ormai politicizzato dalla sinistra e questo la porta a definirsi semplicemente non fascista senza utilizzare il termine antifascista. In linea generale mi pare sia anche una forma con cui prendere le distanze da alcune uscite del presidente La Russa o del ministro Lollobrigida. È stata un’azione politicamente intelligente”.
Pasquino: “È un esempio brillantissimo di come si può essere superficiali e manipolatori e di come si possono utilizzare le parole in maniera tale da indirizzare le valutazioni verso direzioni che non sono necessariamente le migliori. Quella lettera è improntata sull’intento di mantenere l’aggancio con tutti i post-fascisti senza dire nulla che condanni i comportamenti fascisti contemporanei. È una lettera molto bella dal punto di vista di ciò che serve a Giorgia Meloni, ma non per quel che serve a creare una situazione di quella attuale in cui una parte dei seguaci della Meloni ha comportamenti fascisti. Tutte cose di cui lei non parla”.
Perché la destra anche dopo il Congresso di Fiuggi deve essere sottoposta all’esame di ripudio del fascismo?
Castellani: “Per due motivi. Il primo è che l’Italia non ha mai avuto una destra fino al 1994. O meglio, è stato tollerato un partito post-fascista, l’MSI, che però non partecipava mai alla dialettica democratica perché di fatto era escluso dalla possibilità di governare. Questo ha fatto della destra italiana una sorta di ghetto da cui si è liberata solo con Berlusconi nel 1994. Il secondo motivo è che la sinistra post comunista ha sempre brandito il termine antifascismo per fare gli esami agli avversari e ai loro elettori considerando come fascista chiunque non rientrasse all’interno dei canoni che la sinistra stessa stabiliva. Questo continuo evocare il pericolo fascista, poi, negli ultimi trent’anni, non ci sono state né violenze né tentativi di riduzione del pluralismo democratico né tentativi di sovversione o di rottura dell’ordine costituzionale”.
Pasquino: “Perché non studia abbastanza. Se studiasse e dicesse cosa è successo e che cosa non doveva succedere gli esami continuano. Ma io sto con De Filippo: gli esami non finiscono mai. Gli esami di democrazia e libertà non devono finire mai”.
Per il primo maggio il governo presenterà un decreto lavoro. Si aspetta che vi saranno nuove feroci polemiche?
Castellani: “Penso ci saranno le normali polemiche della dialettica politica. Chiaramente, il governo facendo questo il primo maggio vuole lanciare un messaggio: il governo lavora il giorno dei lavoratori e vara il programma favorevole ai lavoratori contrapponendosi con le cerimonie sindacali e musicali della sinistra. Sicuramente le opposizioni dovranno reagire a questo, però, penso che ci sarà una sorta di confronto più sulle scelte politiche che uno scontro ideologico”.
Pasquino: “Non so se saranno feroci, ma certamente sono visioni molto diverse su come creare il lavoro e su come pagarlo e far sì che chi cerca lavoro lo ottenga in maniera adeguata”.
Perché le classi operaie tendono a votare maggiormente Fratelli d’Italia e come la sinistra può invertire questa tendenza?
Castellani: “Gli operai tendono a votare di più a destra perché la destra dà loro una garanzia di protezione maggiore in tema di immigrazione, politica commerciale e di sgravio fiscale rispetto alla sinistra. La destra parla un linguaggio più concreto a questi lavoratori che spesso si trovano nelle province e sono legati a delle comunità. La destra intercetta tutto ciò molto meglio di una sinistra che, invece, è più internazionalista e che ormai si occupa solo di diritti civili e di antifascismo. Questo la allontana da quei gruppi di lavoratori più pratici e umili. Senza riprendere un’offerta che sia di tipo economico sociale e senza una posizione più realista sull’immigrazione e sui temi ambientalisti che possono mettere a repentaglio molti lavoratori di quelle classi operaie, la sinistra non riuscirà a colmare la distanza con la destra verso quelle fasce”.
Pasquino: “Questo lo attribuisco a un fatto che accade sempre e ovunque, con poche e rare eccezioni. Il 30% degli operai inglesi ha sempre votato il Partito Conservatore.
Ci sono sempre stati operai che hanno idee conservatrici, ma la situazione sta cambiando nei Paesi Scandinavi, ma anche in Canada e in Australia. Dovrebbero essere i sindacati a convincere gli operai che sarà la sinistra a tutelare i loro diritti e non un governo di destra e conservatore”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.