Il ministro Severino: "Giusto mantenere segrete le telefonate di Napolitano"

Il Guardasigilli in campo dopo che il Colle ha sollevato il conflitto di attribuzioni per le telefonate tra l'ex ministro Mancino e Napolitano. Di Pietro: "Mortifica istituzioni". Bersani: "Attacco indecente"

Il ministro Severino: "Giusto mantenere segrete le telefonate di Napolitano"

Sul duro braccio di ferro tra Quirinale e Procura di Palermo in materia di intercettazioni telefoniche, interviene il ministro della Giustizia Paola Severino. Lo fa dando ragione al Capo dello Stato, senza se e senza ma: "Qualsiasi sia la decisione della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione nella vicenda delle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta di Palermo - puntualizza il ministro - l’importante è mantenere la segretezza delle telefonate del Capo dello Stato".

"Le intercettazioni rappresentano uno dei mezzi importanti di investigazione, ma insieme con gli altri e non possono essere sicuramente l’unico mezzo", ha aggiunto il ministro parlando a Mosca, nel corso di un colloquio con la stampa italiana all’ambasciata d’Italia. "Sono ampiamente regolamentate dal nostro codice" ha aggiunto il responsabile della Giustizia, sottolineando tuttavia che "la cultura dell’indagine prevede sempre che ogni tipo di acquisizione sia accompagnato da alte acquisizioni".

La Severino rammenta poi le parole di Giovanni Falcone , il quale aveva spiegato che "le sole dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, non bastano". Tanto più, prosegue il ministro, "al telefono si parla in maniera meno chiara, più criptica e facile da equivocare". E "chiunque abbia avuto l’opportunità di leggere delle intercettazioni si è reso conto di come spesso non si capisca quale sia il contenuto vero delle parole dell’intercettato e se esse fossero accompagnate da un sorriso o da un altro contesto". Le intercettazioni, dunque, sono uno strumento estremamente importante, ma vanno prese con le molle.

La Procura di Palermo: nessuno scontro con il Colle

I magistrati di Palermo fanno sapere di non temere l'esistenza di "macchinazioni o altro" per fermare l’inchiesta sulla trattativa Stato-Cosa Nostra. E la decisione del Quirinale di sollevare conflitto di attribuzioni per la distruzione delle intercettazioni viene vista come una legittima "divergenza di interpretrazioni del diritto", i cui "argomenti giuridici in un senso o nell’altro devono essere dibattutti con la massima serenità". In un'intervista all'Unità il procuratore di Palermo Francesco Messineo sottolinea che "l’iniziativa del Quirinale di sicuro non collide mimimamente con l’indagine che invece può continuare". Tanto più che , ha ricordato Messineo, "è ormai alle ultime battute e il materiale probatorio è per la massima parte acquisito» e quindi "non siamo in una fase in cui l’indagine possa subire un freno o un blocco".

Grasso: nessuna pressione dal Quirinale

Dal Quirinale "sono stato chiamato a dare contezza della mia funzione istituzionale di coordinamento, non ho subito alcuna pressione e neanche i magistrati di Palermo hanno subito pressione, come dichiarato fin dall'inizio". Così il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha commentato, a margine di un'audizione alla Camera, il conflitto tra il Quirinale e Procura di Palermo. È una questione giuridica, il nostro ordinamento non prevede una norma specifica, bisogna aspettare il giudizio della Consulta. Il Capo dello Stato - ha aggiunto - non può essere intercettato, lo è stato in modo occasionale. È giusto che un giudice terzo, la Consulta, decida come bisogna comportarsi in questi casi".

Scontro Di Pietro - Bersani

"Si rende conto che una scelta così drastica non nobilita le istituzioni, ma le mortifica? Ecco perchè mi sento mortificato per la sua scelta molto chiusa nell’interpretare la Costituzione. Noi IdV invitiamo i giudici di Palermo a: Resistere, resistere, resistere. In una situazione di questo genere, ma proprio su questo processo, signor presidente, lei ha trovato opportuno sollevare una questione di conflitto di attribuzione?", ha commentato Antonio Di Pietro, scatenando un vespaio di polemiche. Pier Luigi Bersani ha definito "indecenti" le parole del leader dell'Idv: "Non riesco a trovare un’altra parola. Di Pietro sa benissimo, come sanno tutti, che Napolitano non ha nessuna ragione di difendere la sua persona, non ha nessun motivo.

Napolitano ha chiesto alla Corte Costituzionale di chiarire un punto delicatissimo che riguarda i rapporti tra i poteri dello Stato e le istituzioni della Repubblica. La Consulta ha questo compito ed è giusto che chiarisca perché tutti vogliamo essere ubbidienti alla Costituzione che è la più bella del mondo e dove c’è un dubbio la Consulta deve chiarire".

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