La riforma del lavoro comincia a prendere forma. E il governo tira dritto, soprattutto sull'articolo 18. Con buona pace della Camusso che ha posto ancora una volta il suo veto.
Infatti, la questione dell’articolo 18 "é chiusa" e non sarà oggetto del tavolo di giovedì tra il ministro Fornero e le parti sociali. A precisarlo è stato il premier Mario Monti, aggiungendo che "la Cgil ha espresso il proprio dissenso sull’articolo 18, tutti gli altri il proprio consenso. Quindi la questione su questo aspetto è chiusa: la proposta legislativa che stiamo ancora studiando nella forma e che presenteremo al Parlamento non è sottoposta più ad esame nella riunione di giovedì che ha lo scopo di rifinire il resto. Su questo abbiamo voluto togliere tensione con una posizione definitiva del governo sulla base delle indicazioni delle parti sociali".
In particolare, su "un punto particolare oggetto di dibattiti particolarmente intensi", cioè la disciplina sui licenziamenti individuali, "abbiamo voluto accertare esattamente la posizione delle parti sulla normativa" che ha riformato la disciplina dei licenziamenti economici, disciplinari e discriminatori, ha aggiunto Monti, esprimendo comunque soddisfazione per quello che lui definisce un "consenso di massima" ottenuto anche sul "quadro complessivo di riforma" sul quale però il "dialogo continuerà ulteriormente".
Infatti, secondo quanto asserito dal premier, "tutte le parti sociali" al tavolo "hanno rinunciato a qualcosa" e adesso "si lavorerà nei prossimi giorni per affinare le formulazioni e mettere in grado il governo di procedere quanto prima anche sotto il profilo legislativo".
La risposta della Camusso è arrivata a stretto giro di posta: "Il governo dopo aver affermato di non considerare centrale l’articolo 18, ha chiesto l’opinione conclusiva a tutte le parti unicamente sui licenziamenti facili". Secondo il leader della Cgil, la modifica dell’articolo 18 "è una proposta totalmente squilibrata, molto lontana da tutti i suggerimenti dati". L’articolo 18, ha detto la Camusso annunciando mobilitazioni necessarie e non di breve periodo, è "l’unico punto su cui il governo non ha mai accettato di fare nessuno spostamento, a riprova che quello era il problema. Con queste nuove norme, si fa venire meno l'effetto deterrente che ha l'articolo 18".
Il premier ha poi spiegato che "non ci sarà un accordo firmato tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro, è il momento di mettere da parte la cultura consociativa che nel passato ha privilegiato le intese, scaricandone il costo sulla collettività". Secondo quanto dichiarato da Monti, "né oggi né giovedì c’è stato, o ci sarà, un accordo firmato tra governo e parti sociali. Il governo ha condotto una scrupolosa consultazione delle parti sociali, che hanno dato un grande contributo. Ma come ho chiarito alle parti l’interlocutore essenziale del governo è il Parlamento". Insomma, il dialogo è "fondamentale" ma "a nessuno è concesso un potere di veto".Il presidente del Consiglio ha reso "omaggio" al ministro del Lavoro, Elsa Fornero per la riforma del mercato del lavoro "molto coerente come solidità e impostazione strutturale".
La parola è passata poi al ministro Fornero, che ha spiegato i punti principali della riforma del mercato del lavoro, i cui "obiettivi finali sono più occupazione, meno disoccupazione strutturale, non parliamo di questi mesi e dell’anno prossimo, l’aumentare dell’occupazione di giovani e donne e anche il miglioramento, la qualità dell’ occupazione, che vuol dire riduzione del precariato".
Per ciò che attiene alla tipologia dei contratti di lavoro, la Fornero ha spiegato che "vogliamo che un contratto diventi dominante, migliore rispetto agli altri, ed è il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato", spiegando al contempo che "non vogliamo smantellare tutele ma rendere meno blindato il contratto subordinato a tempo indeterminato".
Il contratto a tempo determinato invece "costerà l’1,4% in più e finanzierà l’indennità di disoccupazione. Oltre a ciò ci sarà un premio per la stabilizzazione", ha spiegato il ministro, aggiungendo che "per gli altri contratti vogliamo tenere la parte di flessibità buona e contrastare quella parte che porta al precariato".
Per quanto riguarda l'apprendistato, questo, secondo la Fornero, "deve essere usato come formazione professionale, è un investimento per imprese e lavoratori". Mentre per gli stage formativi, la Fornero ha annunciato di "volere eliminare quelli gratuiti dopo il periodo formativo" perché "dopo la laurea o dopo un master vai in azienda ma non fai più uno stage gratuito, magari sarà una collaborazione, magari un lavoro a tempo determinato ma è un lavoro e l’azienda lo deve pagare".
Sul capitolo delle partite Iva, il ministro del Lavoro ha lamentato il fatto che spesso dietro di queste "si nascondono dei rapporti di lavoro dipendente, ma è solo una copertura. Qui si annida molto precariato".
Sul tema dei licenziamenti, il ministro ha chiarito che quello "discriminatorio non esiste ed è nullo per tutte le imprese" e che nel futuro sarà necessario interventire per "accorciare la durata del processo", nei casi di vertenze. In pratica, l'esecutivo ha proposto di lasciare il reintegro per i soli licenziamenti discriminatori, che si estende però a tutte le imprese, anche a quelle sotto i 15 dipendenti (attualmente escluse tranne che per i licenziamenti discriminatori). Sui quelli disciplinari, è previsto il rinvio al giudice che deciderà il reintegro "nei casi gravi" o l'indennità con massimo 27 mensilità, tenendo conto dell'anzianità. Infine, per i licenziamenti economici è previsto solo l'indennizzo, che va da un minimo di 15 mensilità a un massimo di 27, prendendo come punto di riferimento l'ultima retribuzione.
Per quanto riguarda la flessibilità in entrata, Fornero ha ribadito che il percorso lavorativo comincerà con un "apprendistato serio", che rappresenterà un "investimento in capitale umano" dell’impresa con l’obiettivo "di portare alla conferma del lavoratore" e, dunque, alla sua stabilizzazione.
In ogni caso, ci dovrà essere una "certificazione" dell’apprendistato che sancisce le "competenze acquisite" del lavoratore in modo tale che in caso di mancata conferma possa servire per una nuova occupazione. Il ministro del Welfare ha inoltre spiegato che la riforma guarda alle diverse tipologie contrattuali con l’obiettivo di modificarle. Ma anche alla disciplina della flessibilità in uscita, agli ammortizzatori sociali "importante aspetto in un mercato dinamico", all’estensione delle tutele in costanza di un rapporto di lavoro, che vuol dire mantenere la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, la protezione dei lavoratori anziani, e interventi "significativi" per l’inclusione delle donne nel mercato.
Infine, tra le altre misure, l'Aspi
(assicurazione sociale per l'impiego) sostituirà il sussidio di disoccupazione e sarà versata per 12 mesi e con importi lordi massimi - per il primo semestre, poi destinati a ridursi del 15% ogni sei mesi - di 1.119 euro al mese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.