Marrazzo: "Né perdono, né assoluzioni. Giudicatemi per il mio lavoro"

A quattro anni dallo scandalo a base di trans e cocaina, il giornalista  torna in tv: "Sono pieno di cicatrici, ma adesso sto meglio di prima"

Marrazzo: "Né perdono, né assoluzioni. Giudicatemi per il mio lavoro"

Perché un uomo che ha successo, soldi, potere, popolarità, amore, una bella famiglia, a un certo punto sente il bisogno di passare notti insieme a dei transessuali? E perché arriva a un tale punto da rovinarsi completamente la vita? Sono le domande che in molti si sono fatti all'indomani dello scandalo che ha portato Piero Marrazzo a dimettersi dalla presidenza della Regione Lazio. Sono le domande che lui stesso si è fatto in questi quattro anni, da quella sera in cui alcuni carabinieri entrarono nell'appartamento di via Gradoli per filmarlo mentre era insieme a Natalie per poi ricattarlo. Una storia di sesso a pagamento, cocaina, ricatti, omicidi, che ha portato all'arresto dei carabinieri, e che per l'ex governatore si è chiusa senza alcun procedimento penale. Dopo mesi di riflessione e di terapia, lui si è dato questa risposta: «Non è stato lo stress derivante dal successo, dal potere, dalla quantità di impegni a portarmi a commettere questi errori. Ma una questione strettamente personale che ha attinenza con Piero uomo e non con Piero personaggio politico». E una questione con cui Piero uomo ha fatto i conti, tanto che ora è pronto a riapparire in televisione, a tornare a fare il suo primo lavoro di giornalista e di conduttore. Dal 13 novembre presenterà su Raidue in seconda serata Razzaumana, titolo mutuato dalla risposta che Einstein diede quando all'ufficio immigrazione americano gli chiesero a che razza appartenesse («Appartengo all'unica razza che conosco, quella umana»). Una razza che può sbagliare, come lui e come altri uomini e donne di cui il programma vuole raccontare le storie con reportage, filmati, ospiti in studio.

Marrazzo, non è facile ripresentarsi al grande pubblico. Pensa che la gente l'abbia capita e perdonata?
«Non chiedo perdono né assoluzioni. Almeno non più. Ho commesso gravi sbagli, mi sono dimesso dalle cariche pubbliche, ho sofferto molto e pagato un alto prezzo familiare. Ora vorrei essere giudicato per il mio lavoro di giornalista e vorrei che si smettesse di ridurre la mia vita solo a quello scandalo».

Però se lei torna a condurre un programma televisivo (dal suo rientro in Rai nel 2010 ha girato solo alcuni reportage), non può sottrarsi al giudizio della gente.
«Sono un giornalista Rai da quasi trent'anni. Lo era mio padre. Non ho alcun carico giudiziario pendente (tranne un'indagine per abuso d'ufficio che si concluderà agli inizi di novembre), non ho commesso reati, non sono stato sospeso dall'albo dei giornalisti, per quattro anni mi sono tenuto lontano dal video, non ho alcuna dipendenza dalle droghe. Se tutto questo non basta, allora in questo Paese è vietato sbagliare, allora non c'è possibilità di sanare i propri errori».

C'è già chi dice: «Con tutto quello che ha combinato, noi continuiamo a pagargli lo stipendio».
«Visto che sono un dipendente Rai, per me è un dovere oltre che un diritto tornare a lavorare, non un premio. Ho letto molti commenti negativi sui social netwok per non parlare degli articoli di giornale che hanno riportato notizie false. E come penso che sia importante difendere la libertà d'espressione dei giornalisti, penso anche che non sia giusto che i processi vengano celebrati sulla stampa invece che nei tribunali, e che bisogna riportare voci d'accusa e di difesa. Come penso che bisognerebbe riflettere sulla deriva illiberale del web. Farò tesoro dei giudizi, ma non li accetterò più tutti».

Che rapporto ha ora con le sue tre figlie e la sua ex moglie Roberta Serdoz?
«Ho ottimi rapporti con le mie figlie e con entrambe le mie due ex mogli: è a loro che ho chiesto perdono. Spesso ci troviamo tutti insieme. E da un anno vivo un ottimo rapporto con la mia nuova compagna (la ballerina Patrizia Mancini). Sono un papà che cucina per le sue figlie e che le porta al cinema, per loro sono stati anni difficili, certamente, ma mi sono state vicine. Quando camminiamo per strada, si stringono a me. Diletta, la secondogenita, mi dice: non è possibile che tu sia giudicato solo per lo scandalo».

Quelle persone coinvolte nella vicenda e rimaste uccise (il pusher Salustri e la trans Brenda) non popolano i suoi incubi?
«Sono fatti in cui non c'entro assolutamente nulla. Le ho lette sui giornali. Ribadisco che sono una vittima, non un reo. Come la magistratura ha accertato».

Cosa vorrebbe che rimanesse di tutto questo dramma?
«Qualcuno pensava che mi sarei ucciso. Ma ho capito che solo proseguendo nella vita si può riparare l'errore. Oggi sono un uomo pieno di cicatrici ma più ricco.

I giovani devono sapere che la vita si può affrontare, in ogni caso. Se questo messaggio non passa, continueranno a esserci drammi come quello del giovane gay di 21 anni che si è ammazzato ieri perché aveva rinunciato a lottare».

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