Nomine Rai, è caos Blitz del governo per far fuori i partiti

Il Cda è in scadenza: Monti lo vuole rivoluzionare. Anselmi favorito, ira Pdl: "Il Prof rispetti le regole"

Nomine Rai, è caos  Blitz del governo  per far fuori i partiti

Fino a ieri sera i curricula di Santoro e Freccero non erano ancora arrivati sulla scrivania di Mario Monti. La coppia dei «brillanti martiri» che nei giorni scorsi ha comunicato urbi et orbi l’autocandidatura a, rispettivamente, direttore generale e presidente della Rai deve affrettarsi a recapitare le buste, perché il premier sta accelerando i tempi, anzi già ieri circolavano voci di primi incontri. Infatti, in serata i due hanno fatto sapere che provvederanno già stamane all’invio «con raccomandata». Intanto, provate a immaginare: il presidente del Consiglio che convoca i candidati come si farebbe in qualsiasi azienda per la selezione dei manager.

Normale per il resto del mondo, incredibile per il nostro Paese. Comunque pare che Monti stavolta ci provi sul serio. Dopo aver promesso di cambiare la governance della Rai e aver poi gettato la spugna (per riuscire nell’impresa dovrebbe possedere doti soprannaturali), cerca almeno di mettere in atto l’obiettivo principale: nominare dirigenti e consiglieri Rai sganciati il più possibile dalle appartenenze politiche. Per questo ha chiesto di rendere pubblici i curricula.

«La Rai è l’esempio eclatante degli enti pubblici da rivedere - ha detto Monti - un’azienda dove non è garantita l’indipendenza dalla politica». («È difficile non essere d’accordo con lui», gli ha fatto eco l’attuale presidente Garimberti).
I giochi si aprono domani: l’assemblea degli azionisti della Tv di Stato decreterà la chiusura del mandato dell’attuale Cda. Dalla settimana prossima cominceranno le votazioni in Commissione parlamentare di vigilanza: ieri il presidente Zavoli ha chiesto che il governo indichi tempi e modi per la nomina dei sette membri del cda di sua competenza.

I restanti tre sono di nomina governativa: un consigliere, il presidente (con l’avallo della commissione di vigilanza) e il direttore generale scelto d’intesa con il nuovo cda. Il toto nomine vede in pole position Giulio Anselmi per la presidenza e Francesco Caio o Claudio Cappon per la direzione.
Lo strumento di pressione di Monti per convincere i partiti a «a mollare l’osso» è solo uno: intervenire per decreto legge in tempi strettissimi per ridurre da nove a cinque i membri del consiglio di amministrazione. Il governo non può modificare direttamente la governance (come per le altre aziende partecipate dallo Stato) perché la Rai è regolata da una legge ad hoc, la Gasparri appunto. E l’ex ministro che gli ha dato il nome, ha ribadito: «Fino a quando non ci sarà una diversa legge, si devono applicare le norme vigenti. Se il governo ne ha la volontà, può quotare in Borsa e privatizzare la Rai. Il resto è solo inutile corsa alla poltrona». Al solito: il Pdl accusa il Pd (e viceversa) di fare tutta questa «manfrina» per ottenere per i propri uomini le poltrone e continuare così a controllare la maggiore fonte di informazione del Paese.

Tutto ciò potrebbe portare a una situazione di stallo. Bersani ha già detto che, senza modifiche, il Pd non indicherà alcun nome: insomma, i suoi rappresentanti in commissione non parteciperanno alle votazioni. Una presa di posizione forte che potrebbe appuntarsi come medaglia sul petto in vista della prossima campagna elettorale.

A quel punto anche il Pdl si dovrebbe ritirare. Bersani potrebbe venire a più miti consigli se si trovasse sulla scrivania nomi di «provata competenza» o comunque graditi alla sua sfera «culturale». Insomma, i famosi curricula.

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