Non solo golpe anti Cavaliere. Ecco tutti i falli contro l'Italia

Trudeau e Von Der Leyen preoccupati per i diritti gay. Berlino ci bacchettò per la Rackete

Non solo golpe anti Cavaliere. Ecco tutti i falli contro l'Italia
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Dai migranti alle automobili verdi, dalla pizza alla politica energetica fino ai suggerimenti (interessati) su come spendere i denari del nostro Paese e dove indirizzare i risparmi. Il Belpaese calamita da decenni ogni tipo di interferenza straniera. Dagli Usa a Bruxelles, dalla Francia alla Germania, fino ai più recenti casi di Canada e Brasile: lezioncine e bacchettate, anche da governi alleati. La fresca ammissione del neogollista Sarkozy, d'aver lavorato per far dimettere Berlusconi da Palazzo Chigi nel 2011, è stata solo l'ultima prova di operazioni scorrette provenienti dall'estero a danno dell'Italia. Di recente, il faccia a faccia tra la premier Meloni e l'omologo canadese Trudeau, che al G7 di Hiroshima si disse «preoccupato» per certe posizioni dell'Italia sui diritti Lgbt, o la premier francese Borne che alla neoeletta Meloni fece recapitare a mezzo stampa un «vigileremo» sui diritti umani e su quello di abortire in Italia. Una moda a cui si prestò pure la N.1 della Commissione Ue Von der Leyen, che a due giorni dalle «politiche» minacciò «strumenti adeguati» per sanzionare Roma, se gli italiani avessero scelto la destra.

Molti i consigli non richiesti, di leader che si sentono in dovere di spiegare ai governanti dello Stivale come spendere i propri soldi, o quali leggi scrivere, quando non è stato indicato più esplicitamente per chi votare o perfino a chi far guerra, come nella Libia di Gheddafi. Dalle raccomandazioni dell'Ue all'Italia su politica di bilancio prudente, attuazione del Pnrr e transizione energetica, un confine sottilissimo di intromissioni straniere o pareri sui generis, come quello di Parigi sull'Italia «disumana» con i migranti o del presidente della Repubblica federale tedesca Steinmeier che nel giugno 2019 criticò Roma per l'arresto della capitana della Sea Watch Carola Rackete: disse che si sarebbe aspettato un comportamento diverso dall'Italia. Ma con la Germania la storia è infinita: Wolfgang Schaeuble, allora ministro delle Finanze nel 2013 chiese agli italiani «di non ripetere l'errore» invitando a non a votare il Cavaliere in piena campagna elettorale. Non mancano filosofi come il francese Bernard Henry-Lévi che in Rai disse l'anno scorso che, in caso di vittoria della destra, «la volontà popolare» non andava rispettata. E i giornali? Il progressista Guardian scrisse che se Meloni fosse salita al potere alla testa di una coalizione di estrema destra, «le conseguenze economiche e sociali» sarebbero state potenzialmente «terribili». L'Economist bollò Berlusconi come «unfit», copertina dell'allora direttore Bill Emmott bissata in seguito. E perfino il cibo non va bene, col Financial Times che a marzo ha bocciato la cucina italiana criticando prodotti tipici, mettendo sotto accusa anche il parmigiano reggiano; perfino il presidente brasiliano Lula ha avuto da ridire a tavola. Al Quirinale con Mattarella disse d'aver mangiato poco e male, suggerendo i fagioli brasiliani. E in Ue è passato il pressing francese per il Nutriscore, l'etichettatura «a semaforo» penalizzante per le eccellenze alimentari italiane, col prosciutto dato per più nocivo della senape o della maionese.

Senza scomodare la memoria di Sigonella, che in politica estera si ricorda perché nel 1985 l'allora presidente del Consiglio Craxi si oppose agli americani, alla Casa Bianca non hanno mai apprezzato certa autonomia della politica dell'Italia. E pure loro ci hanno messo becco, se non con i presidenti, con ambasciatori ed emissari. Basti ricordare i gruppi di statunitensi che già al tempo di Enrico Mattei facevano la fila da De Gasperi tentando di spingere l'allora commissario liquidatore dell'Agip (Azienda generale italiana petroli) a chiudere baracca mentre lui stava provando a rilanciare, dando poi vita all'Eni.

E la Cina? Alla vigilia del viaggio di Meloni negli Usa, Pechino ha messo in guardia l'Italia sul possibile addio alla Via della Seta: «No ingerenze di Washington», disse il Dragone che in Italia vuole perfino insegnare ai nostri poliziotti come interrogare i cinesi di Prato.

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