Non lo votiamo, ma non è il male

Assecondando la vocazione al suicidio, anche nell'affrontare il nodo dell'ingovernabilità la sinistra non rinuncia a porsi come «antropologicamente diversa» (più giusta, più saggia, più capace e più intelligente) e a porre delle snobistiche pregiudiziali (...)

(...) estetiche (quello è «presentabile», quell'altro no). Ne fanno le spese, ovviamente, Berlusconi e Grillo risultando entrambi, agli occhi di Bersani e dei suoi corifei, inaffidabili e pericolosi dilettanti. Oltre che impresentabili, fuori posto nei salotti buoni dell'Europa che accolgono personaggi di gran classe e finezza come Martin Schulz e Peer Steinbrück. L'ottusità della sinistra resta ovviamente un problema della sinistra. Ma quietatisi entusiasmi e passioni elettorali, le stesse che hanno indotto molti elettori tradizionalmente di destra a volger le spalle alla sirena dell'astensionismo (e di Grillo, anche di Grillo) per far quadrato attorno a Berlusconi, è tempo di riflettere sul montante antigrillismo che si accorpa al consolidato antiberlusconismo. Accorpamento ineluttabile perché nei fatti il Movimento 5 stelle si presenta come la continuazione a modo suo della rivoluzione cui diede vita il Cavaliere scendendo in campo nel '93.
Rivoluzione che si traduce nel cambiare il modo di intendere e di fare la politica, opponendo al canone della sinistra - chi governa ha come compito l'ammaestrare le masse per costruire una «nuova società» - l'impegno a prendersi carico dei bisogni e delle aspirazioni della gente. Si accusa Grillo di affollare il Parlamento di uomini e donne ignari di politica. E allora? Non è quello che fece Berlusconi e non è quello - «volti nuovi» - che tutti reclamano?
Cambiano i toni, cambiano le parole ma sempre lì siamo: all'insofferenza verso gli apparati, i manuali Cencelli, alle ipocrisie d'una Casta fatiscente. Alla ribellione ai tabù, reclamando la libertà di dire ciò di cui si è convinti e che invece si è sempre taciuto perché in contrasto con le liturgie del politicamente corretto: le aperte censure all'Europa e all'euro; alle millanterie di governo tecnico che sostiene d'aver salvato l'Italia mentre ha salvato le banche tedesche e francesi. Quel che è mancato - forse per eccesso di cavalleria nei confronti del Palazzo - al Cavaliere è riuscito a Grillo: fare saltare in un sol colpo il tavolo politico e istituzionale ridicolizzando le vestali dell'ancien régime, i Bersani, i Monti, i Casini, i Fini, i Di Pietro, le Bindi e i Vendola.

Vogliamo prenderne atto? Poi, naturalmente, tanto ci divide - idee, modi, propositi - dai grillini. Poi, naturalmente, chi è liberale difficilmente potrà mai dirsi grillino. Però meglio tenerlo da conto, Beppe Grillo.

di Paolo Granzotto

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