Pa, pagare le tasse online? È ancora un miraggio per la metà degli enti pubblici

Nonostate i 750 milioni spesi per l'eGovernement, solo il 47% degli enti permette il pagamento dei tributi da web

Pa, pagare le tasse online? È ancora un miraggio per la metà degli enti pubblici

Dal 2003 ad oggi la Pubblica amministrazione ha investito più di 750 milioni di euro solo attraverso i piani di sviluppo nazionali di eGovernment con l’obiettivo di “migliorare la fruibilità dei propri servizi al cittadino e alle imprese e ottenere al contempo un recupero di efficienza”. Risultato? Ad oggi solo il 47% degli enti pubblici consente di pagare i tributi online tramite i propri portali web e la grande maggioranza dei pagamenti dei cittadini viene ancora effettuata tramite gli uffici postali e molto spesso ancora in contanti. E’ quanto emerge da una ricerca dell'Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano, presentata in collaborazione con il consorzio bancario Cbi (acronimo per corporate banking interbancario) promosso dall'Abi.

E non si parla solo di tanti milioni di euro spesi a fronte di risultati ancora piuttosto scarsi. Secondo l’osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, la completa digitalizzazione di soli tre servizi comunali (Pagamenti multicanale, Certificati anagrafici e invio delle pratiche telematiche allo Sportello Unico delle attività produttive) potrebbe produrre un risparmio annuo per la pubblica amministrazione di 2 miliardi di euro. Per ottenere questo risultato è però necessario ampliare l’offerta dei canali utilizzando non solo i canali web più innovativi e i social network, ma anche quelli tradizionali come poste, banche ed esercizi pubblici autorizzati, in primo luogo le tabaccherie che gli italiani giudicano affidabili, comode da raggiungere e di facile fruibilità.

“L’ideale per il cittadino – afferma Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano - sarebbe avere la possibilità di pagare le contravvenzioni alla cassa del supermercato, ricevendo un sms di conferma dell’avvenuta transazione da parte dell’Ente sanzionante e in seguito verificare lo storico dei pagamenti effettuati dal proprio tablet o attraverso il proprio homebanking”.

“Ma gli italiani non sono così avanti”, starà pensando qualcuno. Ebbene, sempre secondo l’indagine condotta dal Politecnico di Milano “il 50,5% dei cittadini intervistati esprime la propensione a interagire su vari canali e la richiesta di una crescente interoperabilità tra questi”. Per pagare le tasse, la preferenza viene data alle Poste (50,2%), riconosciuto come canale storico, e alle Banche (47,1%) nel caso ne fosse data la possibilità. Seguono poi gli Uffici della PA (45,8%) e gli esercizi pubblici autorizzati (35,1%) come tabaccherie e farmacie. La propensione alla multicanalità e all’utilizzo di canali virtuali diventa ancora più significativa per i certificati, per cui il 56,3% degli italiani dimostra di apprezzare la possibilità di far ricorso a canali diversi a seconda delle necessità contingenti e apprezza la comodità del “tutto on-line”.

Chi sono gli utenti multicanale? L’indagine fa cadere alcuni miti riguardo al loro profilo socio-demografico. Circa il 60% proviene dal centrosud, il 58,5% ha più di 35 anni (e il 22,2% più di 54). Oltre il 50% proviene da centri sotto i 30.000 abitanti.

Rimane tuttavia il divario nella fruibilità e nella qualità dei servizi che gli Enti locali sono oggi in grado di offrire all’utenza del proprio territorio.

“Spesso – conclude Giuliano Noci - la causa è semplicemente imputabile alla scarsa lungimiranza che gli amministratori e i dirigenti degli Enti locali a volte dimostrano nei confronti delle iniziative di innovazione e di uno stato dell’arte falsamente considerato soddisfacente. Ecco quindi che diventa importante evidenziare i reali bisogni dell’utenza per stimolare la domanda di servizi e favorire la diffusione e il riuso delle soluzioni innovative”.

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