Qualche giorno fa è stata siglata la "carta d'intenti", con cui la sinistra ha posto le basi programmatiche in vista delle prossime elezioni: chi vorrà presentarsi alle primarie dovrà sottoscriverla. A firmare il documento Bersani, Vendola e Nencini, in rappresentanza di Pd, Sel e Psi. Qualcuno si è stupito per il ruolo importante attribuito al minuscolo Psi, un partito ricco di storia e tradizione ma con una percentuale di voti esigua (tra l'1 e il 2%). In realtà al di là dei numeri il Psi è l'unico partito italiano che fa parte (con diritto di voto) del Partito socialista europeo. Ultimamente è stato sospeso perché in ritardo coi pagamenti delle quote associative: sconta il fatto di essere rimasto fuori dal parlamento nel 2008. E quindi senza rimborsi elettorali.
Fu Veltroni a tenere fuori i socialisti, facendo un'alleanza politica solo con Di Pietro. I radicali si salvarono riuscendo a far eleggere un manipolo di propri uomini nelle liste del Pd. Ridotto al lumicino, dopo anni di diaspora socialista, con gli elettori del vecchio Psi craxiano sparpagliatisi un po' a destra e un po' a sinistra, il partito di Nencini (e Bobo Craxi) è riuscito a tornare al centro della scena politica nazionale. Grazie a Bersani, che cerca di calmierare il radicalismo di Vendola. E grazie anche al fatto che il partitino socialista, che quest'anno festeggia 120 anni di storia, è l'unico aggancio alla socialdemocrazia europea. Cosa non da poco per una forza, come il Pd, i cui esponenti partecipano solo come "ospiti invitati" ai lavori del Pse.
Nato dalla "fusione fredda" degli eredi del Pci e quelli della sinistra Dc (Margherita e Ds), sull'onda dell'esperienza di governo di Romano Prodi, il Pd sconta un peccato originale: è l'unico d'Europa che non fa parte della grande famiglia socialista. Un partito che sin dall'origine non è né carne né pesce: non è liberale (moderato) e non è socialdemocratico. Ha pensato di ispirarsi a un modello diverso, quello della sinistra americana, scimmiottando le primarie per cercare di dare un'investitura popolare al proprio leader.
Dopo anni di primarie farlocche (senza veri e propri scontri per la leadership) quest'anno, per la prima volta, c'è una vera competizione. Vedremo come andrà a finire. Chi vincerà sulla carta dovrebbe guidare la scalata della sinistra a Palazzo Chigi. A meno che la nuova legge elettorale (se arriverà) non faccia saltare tutto. A quel punto saranno i segretari di partito - e non i cittadini - a decidere il capo del governo.
In una lettera ai propri simpatizzanti il socialista Nencini ha scritto: "La foto di Vasto non esiste più, escluso definitivamente il giustizialismo di Di Pietro, esclusi gli estremismi che nel 2008 affossarono l'Unione". "Ci siamo ripresi il posto che ci spettava nella sinistra italiana". Ma questa nuova sinistra che prova a rilanciarsi con la "carta d'intenti", che rapporto avrebbe con Renzi qualora il "rottamatore" dovesse vincere le primarie? Poi, con orgoglio, rivendica:
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