L’Italia ora è nel mirino della speculazione internazionale. I Btp triennali hanno registrato un tasso di interesse di 5,30%. Christine Lagarde, capo del Fondo monetario, ha detto che la sorte dell’euro si decide fra due mesi. Nel gergo finanziario questo si traduce con «l’Italia è costretta a uscire dall’euro». Infatti il crollo dell’euro non dipende dalla Grecia, neppure basterebbe per decretare la sua fine la fuoriuscita della Spagna. Occorre che cada anche l’Italia. Infatti a quel punto l’area dell’euro è troppo piccola e alla Bce mancherebbero le cospicue riserve auree italiane. Crollato l’euro, l’unica moneta di riserva mondiale è il dollaro. Agli industriali americani e al governo Usa il disordine in Europa occidentale non piace. Ma la finanza è diversa dall’economia e conduce la danza.
L’euro è ancora un bambino, conviene cercare di strozzarlo ora. Mario Monti si è accorto finalmente di ciò e ha sterzato, un po’ tardi rispetto alla sua linea consistente nel dichiarare che l’Italia era sull’orlo del burrone e che lui ne era il salvatore. Ora va a Berlino a spiegare che l’Italia è solida e il ministro tedesco dell’Economia glielo riconosce. Si può far credere agli italiani, mediante i grandi media, che sia bastato il provvedimento tributario di 1,5 punti di Prodotto nazionale (Pil) del decreto Salva Italia per far recedere l’Italia dal burrone. Ma i mercati finanziari continuano a vedere i nostri punti deboli e ad ignorare quelli forti. Fatto sta che il nostro merito di credito è molto più basso del giusto. E ora il modo come è stato fatto il salvataggio delle banche spagnole suscita l’ipotesi che la Spagna possa essere costretta a uscire dall’euro, con la conseguenza dell’attacco all’Italia. La ragione di ciò è che, a quanto sembra lo Stato spagnolo deve garantire i 100 miliardi che vanno alle sue banche. Questa cifra è il 10 % del Pil spagnolo, sicché il debito pubblico della Spagna sale di colpo dal 70% all’80% del Pil.
E dato che il deficit di bilancio di Madrid è sopra il 7% il debito/Pil arriverebbe nel 2012 oltre il 90%. Noi potremmo essere obbligati a versare 17 miliardi, sui 100 di prestito alle banche di Spagna perché il nostro contributo al Fesf (Fondo europeo di stabilizzazione e sviluppo) è del 17%. In cambio di questa donazione di sangue abbiamo lo schiaffo di un aumento dello spread del nostro debito decennale fra 360 e 380. Noi vorremmo che le istituzioni finanziarie europee facessero una barriera contro gli attacchi speculativi al nostro debito, che è solvibile. E sarebbe utile che l’Unione Europee finanziasse infrastrutture per la crescita. Lo si può fare con il project financing, delle imprese, in cui la quota pubblica europea sarebbe solo il 10% dell’investimento. Ma poiché sembra che l’Europa continui nel «ni» dobbiamo disporre di un piano B, riguardante l’uscita eventuale dell’Italia dall’euro: che a mio parere deve consistere nel dichiarare che faremo una euro-lira che agganciata all’euro con un serpente monetario, con una fascia di oscillazione del 10% e svalutando subito del 5-6%. In questo modo la nostra esportazione avrà immediatamente un grande impulso e la nostra crescita riprenderà anche in concorrenza con Germania e Francia.
La svalutazione di questa piccola percentuale della nostra moneta non comporterebbe un rialzo di tassi e ci darebbe bensì svantaggi, ma anche vantaggi. Non mi dilungo su modalità e pregi di questo piano come piano B.
Comunque comporta di far capire che l’Italia non è la povera Grecia ed ha uno strumento per salvarsi da sé. E che non siamo solo noi interessati all’Europa dell’euro, ma che anche gli altri europei hanno interesse a che noi ci si stia, ma alla pari, non in serie B...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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