Politica e amore

Una cerimonia sobria, toccante, dal grande impatto emotivo. Senza retorica o ipocrisie di Stato. Ma soprattutto un abbraccio, l'abbraccio dell'Italia a Silvio Berlusconi

Politica e amore
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Una cerimonia sobria, toccante, dal grande impatto emotivo. Senza retorica o ipocrisie di Stato. Ma soprattutto un abbraccio, l'abbraccio dell'Italia a Silvio Berlusconi. Certo, Berlusconi è stato un uomo, come ha detto l'arcivescovo Delpini nella sua omelia funebre, con le sue virtù e le sue contraddizioni, ma è stato un uomo eccezionale. Un uomo che in tutte le fasi della sua esistenza - da quella di imprenditore, a quella di politico o di personaggio pubblico - ha messo una gran voglia di vivere, di ricevere e dare gioia. La sua vita è stata di fatto un inno alla gioia.

Ecco perché ieri al Duomo di Milano c'era tanta tristezza, ma anche tanto amore. Amore, appunto, parola che cozza con la pudicizia del lessico delle istituzioni e della politica, ma è proprio l'empatia con cui Berlusconi si è sempre rapportato con ciò che lo circondava, a cominciare dalla sua famiglia, che spiega la profondità del vuoto che ha lasciato. Che dà un'idea della malinconia dei suoi figli, delle lacrime e della devozione di Marta Fascina, della commozione del fratello e del sincero tributo che gli hanno riservato ieri non solo le massime autorità della nazione e i suoi parlamentari ma anche la gente comune, i tifosi dei Milan e i militanti di Forza Italia. E l'addio che ieri gli ha dato il Paese è in fondo il senso compiuto della frase, semplice quanto efficace, con cui il Cavaliere è sceso in politica: «L'Italia è il Paese che amo».

Un Paese che non sarà più lo stesso senza Berlusconi. Ieri chi non ha voluto porgergli il suo tributo, chi come Giuseppe Conte ha disertato quella cerimonia per paura della sua piazza di partito dimostrando di essere un mezzo leader, chi, per fortuna pochissimi, ha continuato ad odiarlo, si è messo ai margini della comunità chiamata Italia. Perché si può anche essere uomini di parte, ci mancherebbe altro, in politica come nello sport, ma ci deve essere quel senso di comunanza e di appartenenza, che ti spinge nei momenti difficili o solenni a privilegiare l'interesse generale al tuo calcolo politico. Berlusconi lo ha dimostrato più volte, pagando il suo senso di responsabilità verso il Paese anche in termini di consenso. Chi invece non si unisce neppure di fronte alla morte dimostra non solo di essere «divisivo» - per usare un'espressione agitata per decenni come un'arma contro il Cavaliere - ma addirittura meschino.

In questo modo si è solo uomini di parte senza passione civica. Siamo agli antipodi della cosmologia berlusconiana. Di quel desiderio di impegnarsi fino all'ultimo, di sfidare destino e malattia, nella convinzione, magari qualche volta sbagliando ma sempre in buona fede, che si sta operando per il bene del Paese.

Ecco, ieri l'Italia che ha partecipato alle esequie al Duomo direttamente o con il pensiero ha dato atto a Silvio Berlusconi del suo impegno. Ha riconosciuto il debito che ha nei confronti del politico, o meglio dello statista, che ha caratterizzato la sua storia nell'ultimo trentennio. Ciao Presidente.

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