Belle, brave, giovani, nuove, le otto donne del governo furoreggiano. Una da bambina faceva la Madonna nel presepio vivente, un'altra è pronipote di un parlamentare del Movimento sociale, un'altra ha cambiato più leader di riferimento che vestiti. Ma la fucina più sicura per Matteo Renzi è la vecchia scuola di partito, le cordate interne, i corridoi democratici. Sui quali andrebbe scolpita la frase che Marianna Madia consegnò a Repubblica quando Walter Veltroni, nel 2008, la candidò come capolista alla Camera: «Mi ha detto che c'era spazio per la mia straordinaria inesperienza». Maria Elena Boschi è avvocato, figlia di un dirigente di Coldiretti e consigliere di amministrazione di una banca, e della vicesindaca di Laterina (Arezzo).
Ma nel paesello del Valdarno tutti ricordano soprattutto il viso paffuto di quando faceva il capo scout o impersonava la Madonna nel presepio vivente, tunica bianca e lungo velo blu come gli occhi (e come il tailleur indossato al Quirinale per il giuramento). «Una bella persona, riservata»: così la ricorda alla Nazione don Alberto Gallorini, il prete che la battezzò, «il mio primo battesimo da parroco a Laterina». «È spesso alla messa della domenica», come l'altro giorno quando i fedeli l'hanno applaudita. Ricorda il sacerdote: «È stata catechista, spesso lettrice in chiesa: impegnata e curiosa. Aneddoti? Alla Giornata mondiale della Gioventù del 1997 a Parigi una sera tornò dopo mezzanotte. Voleva visitare la città, ma io la sgridai».
Tutt'altro curriculum per Marianna Madia: famiglia borghese del Sud con l'avvocatura, la politica e il giornalismo nel sangue. Il capostipite era Titta Madia, bisnonno del ministro, calabrese di Petilia Policastro, deputato del Partito nazionale fascista per quattro legislature e dal '53 al '58 del Movimento sociale. Fu avvocato come il nonno di Marianna, Nicola, e lo zio Titta (omonimo del deputato) che ha patrocinato anche Clemente Mastella. Il papà del ministro, Stefano Madia, attore e giornalista professionista morto nel 2005, era diventato consigliere comunale di Roma nella Lista per Veltroni. Marianna aveva la laurea in Scienze politiche ma si definiva «economista prestata alla tv» perché Giovanni Minoli le aveva affidato il programma «Ecubo», ma guai a chiamarla velina. Deve tutto a Veltroni ed Enrico Letta; quando i due si fronteggiarono alle primarie Pd del 2007, lei votò scheda bianca. Si era fatta notare la prima volta come rappresentante degli studenti dell'Imt (Istituzioni mercati tecnologie) di Lucca, una scuola di dottorato voluta da Marcello Pera con Gaetano Quagliariello come direttore del consorzio promotore. Da Pera a Renzi via Veltroni e Letta. Non è l'unico percorso tortuoso tra le donne di Matteo.
Per Stefania Giannini, lucchese, ex rettore dell'Università per stranieri di Perugia e neoministro dell'Istruzione, nel 2009 si parlava di candidatura nel Pdl in Umbria: Luisa Todini la presentò a Silvio Berlusconi. Poi non se ne fece nulla e la Giannini, tramite il prorettore Marco Impagliazzo, si avvicinò ad Andrea Riccardi, quindi a Luca di Montezemolo e infine a Mario Monti, di cui ha preso il posto.
Anche Federica Mogherini, che addormenta le due figliolette sulle note di «Bella Ciao», ha cambiato vari leader di riferimento, sempre all'interno del partito in cui cominciò a militare sedicenne nella sezione Ponte Milvio che fu di Enrico Berlinguer. «Lavoro con Fassino, stimo D'Alema, sono vicina a Veltroni», disse: mancavano ancora Bersani e Letta. Con la Madia e Alessia Mosca formava le «Walter's Angels»: ora è tra le «Matteo's Singers».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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