«La situazione a Torino è critica come in tutte le grandi città italiane». Il primo cittadino piddino del capoluogo piemontese, Stefano Lo Russo ammette che l’emergenza migranti non è una fantasia del governo. «Certo che c’è ed è legata al fatto che stiamo gestendo flussi fuori dalla previsione ordinaria anche perché la situazione dei minori stranieri non accompagnati sta mettendo in crisi il sistema dell’accoglienza», spiega.
Perché i sindaci delle grandi città come Torino, che sono perlopiù di centrosinistra e hanno alle spalle una grande storia di inclusione, non riescono più a gestire la situazione?
«Qui non si tratta di centrodestra o centrosinistra, ma di una rete organizzativa che è calibrata su una dimensione ordinaria che, in questa fase, sta invece assumendo connotati e numeri che stanno mettendo in crisi l’intero sistema. A Torino, la rete d’accoglienza, che è coerente col quadro ordinamentale nazionale, sta reggendo ma in una situazione di forte criticità. Questa impostazione non può permanere a lungo nel tempo».
Percepisce il rischio che si possano creare dei ghetti?
«Il problema riguarda la gestione emergenziale di questi immigrati che arrivano sia dalla rotta mediterranea sia dalla rotta balcanica. Il governo e le forze politiche dovrebbero uscire dalle dinamiche ideologiche e affrontare l’immigrazione come una questione sistemica e non emergenziale. Va trattata come un tema strutturale».
Secondo lei, anche i governi che hanno preceduto l’esecutivo Meloni hanno commesso degli errori?
«La questione ha una dimensione talmente elevata in termini strutturali che ha attraversato governi di ogni colore politico. Non c’è qualcuno che ha fatto bene e qualcuno che ha fatto male. Il problema, di fatto, è non risolto e, ovviamente, la gestione ha investito sia i governi politicamente targati sia quelli di larghe intese, come il precedente».
La conferenza di Roma sull’immigrazione è un passo in avanti?
«È chiaro che tutte le volte che i governi si parlano e discutono è un passo in avanti. Credo che questo tema vada affrontato anche con i nostri partner europei, a partire dalla Francia e dalla Germania, per poi presentarsi a Bruxelles con una strategia comune. Potrebbe essere utile aprire a un ragionamento strutturale sul tema dell’immigrazione italiana che tocca alle radici la questione della cittadinanza. Sono un sostenitore dello Ius Scholae, uno degli strumenti con cui integrare gli immigrati. Se noi affrontiamo il tema non da un punto di vista ideologico, ma pragmatico penso che potremmo aprire una nuova stagione politica italiana che rafforzerebbe il governo nei tavoli delle trattative internazionali. Quest’onere della proposta, però, è in capo alla Meloni, ma da primo cittadino gradirei che la politica affrontasse il tema senza contrapposizioni ideologiche, tenendo ben presente anche l’emergenza demografica che sta vivendo l’Italia».
Quindi è d’accordo con l’ex ministro Minniti che auspica un dibattito franco e aspro in Parlamento sul tema dell’immigrazione?
«Credo che ci debba essere un confronto che parte dal presupposto di mettere sul tavolo i problemi per quel che sono e non quelli che vengono trattati a fini elettorali. Ma l’onere spetta al governo che, come per il salario minimo, dovrebbe aprire un tavolo di confronto anche sulla gestione dell’immigrazione, un tavolo in cui trovare soluzioni condivise sia dal punto di vista della rete d’accoglienza sia da un punto di vista normativo».
Anche la legge Zampa sui minori non accompagnati andrebbe rivista?
«La legge Zampa è solo una parte di un problema molto più ampio. La mia sensazione è che vi sia una visione molto parcellizzata di un singolo problema che perde di vista l’interezza del tema».
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