Un appuntamento senza rischi concreti e che però segna, nella storia del governo di centrodestra, un punto di non ritorno: alle dieci nell’aula di Palazzo Madama va in scena oggi, 26 luglio, la prima richiesta di impeachment contro un ministro di Giorgia Meloni, e a renderlo in qualche modo innovativo è il fatto che alla base della mozione di sfiducia contro Daniela Santanchè presentata dai 5 Stelle e appoggiata dal Pd non ci siano imputazioni giudiziarie (ancora tutte da scrivere) ma inchieste giornalistiche. Nella compattezza annunciata del centrodestra a difesa della titolare del Turismo oggi conterà anche questo: se per cacciare un ministro basta una puntata di Report, a chi tocca dopo la Santanchè?
Lei, il ministro, a chi è riuscita a incrociarla ieri, a chiederle come si prepara a una mattinata difficile, ha risposto: «Lavorando, come sempre». Contro di lei, spiega, «ci sono solo accuse giornalistiche, non ho raccontato bugie in Parlamento. É una mozione insensata, anche perchè non sono fatti commessi come ministro». A preparare il terreno alla seduta odierna del Senato avevano provveduto ieri le notizie arrivate di buon mattino al ministro con la rassegna stampa: quelle che la davano indagata dalla Procura di Milano anche per il reato di truffa allo Stato, in aggiunta alle accuse di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta iscritte da mesi nel registro dei pm milanesi.
Tema della nuova accusa, l’impiego in Visibilia - la società di pubblicità della Santanchè - di una dipendente tra il 2020 e il 2021, mentre l’impiegata era collocata a carico dello Stato nella cassa integrazione legata al Covid. Ieri pomeriggio l’agenzia Ansa fa sapere che la ministra non è ancora formalmente indagata di truffa, e che la nuova accusa sull’utilizzo della cassintegrata è per il momento a carico di ignoti. Fonti giudiziarie confermano. Inchiesta ancora in fieri, dunque, come incerta è la sorte dell’ipotesi più grave formulata dai pm, la bancarotta fraudolenta che decadrebbe se l’Agenzia delle entrate accettasse la rateazione del debito di Visibilia. L’Agenzia ci sta ancora pensando, ha chiesto chiarimenti, ma intanto tutto finisce nel computo delle colpe per cui le opposizioni chiedono la cacciata della Santanchè.
Sulla bocciatura della mozione, sulla carta non ci sono dubbi. A sostegno della mozione dei grillini il Pd si è schierato con una dichiarazione assai netta del responsabile informazione del partito, Sandro Ruotolo: «Per noi si deve dimettere da ministro senza dover aspettare la conclusione dell’iter giudiziario». Il voto favorevole del gruppo dem si annuncia compatto, anche se sarebbe interessante sapere come la pensano dentro di sè piddini come il capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli o il suo segretario Walter Verini, un garantista che ha firmato l’appello europeo sulla presunzione di innocenza. Ma Ruotolo ha dato la linea, e saranno difficili gesti di dissenso. Stessa linea per Verdi e Sinistra, il vero vulnus alla compattezza della opposizione viene dal Terzo Polo che, per decisione comune di Matteo Renzi e Carlo Calenda non parteciperà al voto.
Non per garantismo ma perchè considera la mozione un regalo al governo: «La mozione di sfiducia - spiega al Giornale Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia viva - è il solito aiutino di Conte e Schlein alla Meloni. Ricompatteranno la maggioranza. Noi non parteciperemo al voto, lasciamo Pd e 5 Stelle da soli nell’aiuto al governo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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