Quei falsi moralisti che si indignavano per Formigoni & C.

Nei guai gli stessi politici che pochi mesi fa sventolavano la bandiera della legalità contro il centrodestra. Anche Ambrosoli in imbarazzo

Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni
Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni

Milano - Prima regola del politico moralista: la prudenza non è mai troppa. Seconda regola: occhio alle brutte figure, che di brutte figure sono piene le cronache. E a Palazzo Lombardia hanno appena fatto filotto. È bastato poco più di un mese. Era il 20 dicembre 2012. Luca Gaffuri, capogruppo regionale del Partito democratico, tuonava contro il centrodestra, da poco nella bufera per lo scandalo dei rimborsi facili. «Quello che succede in Regione è impressionante - si indignava Gaffuri - si chiude una legislatura da dimenticare. Auspichiamo che la magistratura faccia al più presto chiarezza». E purtroppo per lui, i pm la stanno facendo. Perché il capogruppo del Pd in Lombardia è stato raggiunto assieme ad altri 28 colleghi dell'opposizione da un avviso di garanzia, e da un'accusa di peculato. Le stesse che la Procura ha rivolto a Pdl e Lega. Certo, le cifre sono minori rispetto a quelle contestate alla maggioranza uscente, e le ipotesi di reato sono soltanto ipotesi. Però il punto - politico - resta.
Perché Gaffuri è in buona compagnia. A sinistra dei Democratici, pure Sel tuonava contro la spese pazze dei consiglieri di maggioranza. E Chiara Cremonesi - capogruppo e candidata alle prossime regionali - attaccava la Lega. Il 14 dicembre, sulle agenzie di stampa rimbalzava l'avvelenato sdegno della vendoliana. «Il bluff dei barbari sognanti è ormai stato svelato definitivamente. Solo qualche settimana fa abbiamo visto Matteo Salvini e Roberto Maroni con tanto di scopa in mano annunciare urbi et orbi di aver ripristinato la legalità in casa Lega, ma l'evidenza mostra che usare la scopa per fare pulizia non è nelle loro capacità». E cosa accade ora? Che anche Cremonesi finisce sotto inchiesta per la stessa accusa - peculato - rivolta ai consiglieri del Carroccio.
Tocca poi infierire sull'Italia dei Valori, che la bandiera della legalità l'ha brandita fin dall'ingresso sulla scena politica dell'ex pm Antonio Di Pietro. Solo un mese fa, il capogruppo regionale dell'Idv Stefano Zamponi spiegava che i soldi pubblici spesi per distribuire mazzi di mimose e per le tavolate al ristorante erano «spese ammissibili, anche se - e forse il dubbio iniziava a insinuarsi - sindacabili». Ad ogni modo - insisteva - le nostre spese sono tutte tracciabili, perché a differenza di quanto hanno fatto i gruppi di maggioranza le spese venivano effettuate pagando direttamente con il conto del gruppo». E sarà per questo che anche per lui è scattata l'accusa di peculato. Eppure, ancora ieri Zamponi insisteva: «Siamo tranquilli, noi non siamo il Pdl o la Lega Nord». E tranquilli erano anche quelli dell'Udc, perché «le risorse destinate al gruppo sono state impiegate secondo i termini di legge». Lo diceva una quarantina di giorni fa il capogruppo Gianmarco Quadrini, da ieri inserito nell'elenco degli indagati.
Anche il candidato alle prossime elezioni lombarde per il centrosinistra, l'avvocato Umberto Ambrosoli, attaccava Pdl e Lega («Altro che ramazza verde, quella era solo un'operazione mediatica») e giurava: «Mai indagati nella mia lista». Da ieri la questione è un po' più sfumata: «Ho chiesto ai candidati l'impegno di dimettersi, qualora rieletti, nel caso in cui fossero rinviati giudizio». E di chi è la colpa se anche da quelle parti abusano dei rimborsi pubblici? Ovvio, di chi «fino a oggi ha avuto la possibilità di governare la Regione Lombardia negli ultimi 20 anni non ha neanche lontanamente provato a prevenire questo fenomeno». Terza regola: evitare le sciocchezze.


Una legislatura
da dimenticare,
ora è necessario
voltare pagina


Non stupirebbe più nemmeno un'indagine
per abigeato


In Lombardia siamo ben
oltre la situazione di emergenza

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