
Sulle casse pubbliche arriva una mazzata che può valere anche tre miliardi di euro. Il buco nero innescato dal Reddito di cittadinanza voluto dal governo di Giuseppe Conte, finito a 2,4 milioni di famiglie e 5,3 milioni di persone e costato 34 miliardi di euro senza rilanciare affatto il mercato del lavoro, è destinato ad allargarsi ancora di più dopo la sentenza della Corte costituzionale che allarga la platea dei beneficiari agli immigrati residenti in Italia da cinque anni (non più da dieci, di cui almeno due consecutivi), anche in ossequio a un pronunciamento della Corte di giustizia europea, scongiurando però al tempo stesso (e per fortuna) il rischio che per avere il Reddito bastasse semplicemente vivere in Italia.
Se è pacifico che l'emorragia di soldi pubblici si è interrotta con la riforma voluta dal centrodestra, che a gennaio del 2024 ha sostituito il reddito M5s con l'assegno di inclusione e con un sussidio per l'avviamento al lavoro, non è ancora chiaro l'impatto esatto della sentenza: l'Inps parla di almeno 850 milioni di euro se per i quattro anni di validità del sussidio all'assegno avessero diritto soltanto coloro che fecero richiesta, senza rispettare il requisito errato. Ma è una valutazione al ribasso. Altre stime invece arrivano fino a 3 miliardi di euro, calcolando tutti quelli che dopo questo pronunciamento da ieri ne hanno diritto. La misura ha già generato una miriade di truffe: secondo le indagini della Guardia di Finanza, ad oggi circa 62mila persone sono state pizzicate a ricevere l'assegno senza averne diritto, portando a casa almeno 1,7 miliardi di soldi pubblici.
Secondo i giudici garanti della Costituzione «il Reddito di cittadinanza «non ha natura assistenziale», non essendo diretto «a soddisfare un bisogno primario dell'individuo», ma si tratta invece «di una misura di politica attiva per l'occupazione, di carattere temporaneo, soggetta a precisi obblighi e soprattutto a rigide condizionalità che, se disattese, determinano il venir meno del diritto alla prestazione». Non trattandosi di una prestazione «meramente assistenziale», il requisito di «radicamento territoriale» non determinerebbe, di per sé, «una violazione del divieto di discriminazione indiretta e delle relative disposizioni del diritto dell'Unione, che pure vengono in considerazione nella questione in esame».
Il tribunale di Napoli aveva sollevato il quesito alla Consulta perché considerato «discriminatorio» per le persone straniere residenti in Italia, in seguito a un ricorso presentato due donne, accusate di aver falsato i propri dati sulla residenza in Italia pur di ottenere il Reddito. I giudici italiani chiedevano di «annullare completamente il requisito di radicamento territoriale», essendo a loro avviso sufficiente il semplice «soggiorno» in Italia.
Poco più di due anni fa il Consiglio Ue il 30 gennaio 2023 aveva sollecitato l'adozione di un «adeguato reddito minimo funzionale all'inclusione attiva», uno strumento analogo rispetto al Reddito grillino, sottolineando anche che fosse necessario il ricorso al criterio selettivo basato «sulla residenza protratta» anche per «salvaguardare la sostenibilità delle finanze pubbliche», purché la durata del soggiorno legale «proporzionata». Una proporzione che la recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, grande sezione, del 29 luglio 2024, aveva cristallizzato in massimo cinque anni «una grandezza pre-data idonea a costituire un punto di riferimento presente nell'ordinamento» e dunque un termine «apprezzabile al fine di assicurarne l'uniforme applicazione in tutti gli Stati membri», a fronte di un periodo di dieci anni che invece è considerato dai giudici «gravoso» e quindi «irragionevolmente correlato alla funzionalità precipua del Rdc» ponendosi altresì «in violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità di cui all'articolo 3 della Costituzione».
Ed è qui che si legge un messaggio preciso alla Corte Ue dalla Consulta: a loro «spetta l'interpretazione dei trattati», mentre correttamente «l'interpretazione della Costituzione è riservata a questa Corte, così come la funzione di nomofilachia del diritto nazionale lo è alla Corte di cassazione, essendo orientate ad assicurare anche la certezza del diritto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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