Una nota congiunta per denunciare le falle del meccanismo di relocation e spronare l'Unione europea a lavorare per una soluzione comune nell'ambito dell'immigrazione. È quanto hanno fatto Italia, Grecia, Malta e Cipro: sono i quattro Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale e orientale, che devono sostenere "l'onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell'Ue".
L'appello alla Ue
Così l'Italia fa asse con i Paesi del Mediterraneo, chiedendo all'Unione europea di promuovere una nuova politica in materia di migrazione e di asilo "realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità" e che - tra le altre cose - risulti "equamente condivisa tra tutti gli Stati membri". I ministri dell'Interno di Italia, Grecia, Malta e Cipro hanno inoltre espresso la delusione per l'attuale situazione in riferimento al meccanismo di relocation temporaneo e volontario.
I quattro Paesi hanno fatto notare che la dichiarazione politica, approvata il 10 giugno 2022, non ha trovato piena attuazione nella realtà dei fatti: nella nota viene sottolineato che il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti "rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno".
Alla base c'è un'ulteriore problematica: il meccanismo viene definito "lento". Di conseguenza Italia, Grecia, Malta e Cipro non sono ancora stati del tutto alleviati dall'onere a cui sono esposti ormai in maniera costante. "Finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato", è la lamentela che si legge nelle righe. Ecco perché i quattro Paesi hanno pubblicamente affermato che tutto ciò è "increscioso e deludente". Il che risulta ancora più grave poiché la pressione migratoria si fa progressivamente più frequente e questo mette "a dura prova" il sistema di asilo e di accoglienza.
La bordata alle Ong
In sostanza Italia, Grecia, Malta e Cipro chiedono un meccanismo di condivisione "efficace, equo e permanente". Il messaggio lanciato all'Unione europea è chiaro e può essere così riassunto: i Paesi di primo ingresso non possono essere considerati gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, "soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti".
La bordata è alle Organizzazioni non governative (Ong). Infatti i quattro Paesi hanno annotato che il modo di agire di queste navi private "non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata". L'invito è quello di rispettare le convenzioni internazionali e le altre norme vigenti.
Anche gli altri Paesi hanno trovato convergenza sulla linea che il nuovo governo italiano guidato da Giorgia Meloni ha espresso fin da subito: "Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il
controllo sulle navi battenti la propria bandiera". Da qui tutti gli Stati di bandiera sono chiamati ad assumersi "le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.