Salone del libro, caso Roccella: gli aggressori pretendono pure le scuse dagli aggrediti

Lagioia torna ad attaccare: "Questo governo può avere una virata autoritaria". Sulla stessa linea pure Schlein, Saviano e Appendino. Siamo al ribaltamento della realtà

Salone del libro, caso Roccella: gli aggressori pretendono pure le scuse dagli aggrediti
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Badate bene: non troverete mai uno di loro che se ne esce allo scoperto dicendo che no, il ministro Eugenia Roccella non ha diritto di parola. E nemmeno che gli esagitati di Extinction Rebellion e Non una di meno hanno fatto bene a far saltare l'incontro perché al Salone del libro di Torino certe persone non dovrebbero entrare manco per la porta di servizio. Però, badate bene, il senso dei distinguo, delle puntualizzazioni, delle accuse è esattamente lo stesso. Nei vari "se la sono andata a cercare", "hanno un problema col dissenso" e "la conflittualità è necessaria" si nascondono (neanche troppo bene) l'antipatia, la repulsione e finanche l'odio per quella destra che dalla scorso 25 settembre devono sopportare al governo e che in questi giorni si sono trovati nei loro salotti. L'hanno vissuta come una inaccettabile invasione di campo. Tanto che glielo hanno fatto capire in tutti i modi che lì non erano bene accetti.

Partiamo da Nicola Lagioia, direttore (uscente) della kermesse piemontese. Dopo aver accuratamente evitato di prendere le difese del ministro sul palco, ha addirittura detto che le contestazioni, per una divisiva come la Roccella, "vanno messe in conto". Non solo. Dopo aver detto di essere stato "quasi cacciato dal palco", cosa peraltro non vera e smentita da diversi filmati, se l'è presa con la deputata di Fratelli d'Italia Augusta Montaruli. "È stata un'aggressione molto violenta", ha detto ieri in un'intervista alla Stampa. E poi oggi, a rincarar la dose, ai microfoni di Agorà: "Questo governo può avere una virata autoritaria". Può avere, cioè: non ce l'ha ma è sulla strada buona. E, infatti, poi specifica: "Il mio metodo è quello del dialogo, non del manganello". Che, sotto sotto, richiama il concetto del Roberto Saviano pre scontro, quando al Domani ha detto che la Meloni parla "la lingua del picchiatore", o l'invettiva di Selvaggia Lucarelli contro i "destroidi camuffati" a cui su Twitter ha spiegato che "la conflittualità è necessaria".

Ma rimaniamo su Saviano. Che ai distinguo preferisce sempre le testate alla Zinédine Zidane. Per lui la colpa è tutta dei ministri e dei politici che "sono venuti al Salone a provocare". Dopo tutto cos'altro avremmo potuto aspettarci da uno che esprime il proprio dissenso politico insultando pubblicamente gli avversari. Purtroppo, però, non è l'unico a vederla in questo modo. Luca Sofri, direttore del Post, se ne è uscito così su Twitter: "Roccella poteva benissimo parlare. Ha preferito il vittimismo, l’arma di questi tempi, ma nessuno le ha 'impedito' niente". Per non parlare di Ezio Mauro che oggi su Repubblica ha tirato in ballo il "sovranismo culturale". E, poi, ancora: Chiara Appendino, ex sindaco pentastellato di Torino, anziché stigmatizzare quanto accaduto, è andata a prendersela con la Montaruli. Ha parlato di "toni e frasi irricevibili" e "abisso di ignoranza".

Ma la numero uno in assoluto in questo gioco al massacro è senza alcun dubbio Elly Schlein che a caldo ha subito accusato il governo di avere problemi con il dissenso. "Noi siamo per il confronto duro", ha detto. E poi: "È surreale che ministri e deputati si siano messi ad attaccare Lagioia.

Non so - ha, quindi, concluso - come si chiama la forma di un governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali ma quantomeno mi sembra autoritaria". E arriviamo così al ribaltamento totale della realtà. Con gli aggrediti che finiscono sul banco degli imputati, quasi a dover chiedere scusa ai propri aggressori.

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