Se il ragazzo col fucile adesso fa irruzione pure nelle nostre scuole

A Desenzano sul Garda un 17enne entra al liceo armato.. Si è arreso subito, arrestato. E l'Italia scopre terrori lontani

Se il ragazzo col fucile adesso fa irruzione pure nelle nostre scuole

Tutti schizzati, questi americani. Ogni tanto a qualche tizio si chiude la vena e te lo ritrovi a scuola armato fino ai denti, urlando frasi farneticanti, mentre fa strage di compagni, professori, parenti stretti. L'ultimo soltanto l'altro giorno, al Santa Monica College. Staranno anche bene, questi americani, sarà pure la terra delle opportunità, poi però vedi come ogni tre per due qualcuno dà di testa…

Ci fanno comodo perché ci rassicurano, queste sofisticate analisi sociologiche. Tengono il pericolo - il problema - ben lontano, cacciato al di là di un oceano, e tanto peggio per il modello perverso che lo produce. Peccato che ogni tanto l'America, questa America di schizzati, ce la ritroviamo sottocasa. Sabato 8 giugno, ultimo giorno di scuola all'istituto Bagatta di Desenzano sul Garda: un diciassettenne in tuta mimetica, Federico, imbraccia dentro la sua classe, seconda scientifico, un fucile. Vero. Con trenta cartucce e una in canna. Prima, compagni e insegnanti l'avevano visto appoggiare al banco la custodia della chitarra, mai più immaginando che dentro ci fosse lo strumento mortale con altri trenta colpi, tutto regolarmente denunciato dal padre per la caccia.

«Quando mi hanno avvertito - racconta il preside Francesco Mulas - mi è mancata la terra sotto i piedi». L'America è qui, gli schizzati sono anche qui: ma allora non basta un oceano per tenere a distanza di sicurezza il pericolo. No, chiaramente non basta. Gli schizzati, i disturbati, gli squilibrati sono ovunque. Anche dentro le nostre scuole. Non è solo il modello americano a produrli, basta il modello umano.
«Abbiamo subito chiamato i carabinieri e lanciato l'allarme evacuazione», spiega ancora il preside. Per fortuna il grosso degli studenti è già in cortile per la festa di fine anno. Tutto si risolve con l'arrivo dei militari. Quando lo avvicinano, il ragazzo non ha più il fucile. Finge tranquillità. Ma l'arma salta fuori in fretta, sta nascosta in un'altra aula. Dice il preside: «Certo, è choccante accorgerci che possano succedere fatti del genere...».
Sono choccanti molte cose. La prima, la prima che pensa ogni genitore: a scuola può tranquillamente entrare di tutto, la droga non ne parliamo, da sempre, ora scopriamo pure i fucili. Poi però, sempre da genitori, se le autorità pensano a controlli tipo metal detector, siamo i primi a rivoltarci come isterici per la violazione della privacy e per l'invadenza sui nostri ragazzi, e che diamine, è una scuola o è un lager?

Subito a seguire, un altro pensiero tetro: se quel ragazzo non si fosse rivelato poco schizzato, bensì schizzato in pieno, fino in fondo, quanti colpi avrebbe esploso, e quanti morti staremmo contando nella simpatica festa dell'ultimo giorno di scuola?
Il brivido di ciò che non è successo, ma che potrebbe succedere sempre e ovunque, aggrava il nostro sgomento. Qualcuno magari riuscirà a tirare un sospiro di sollievo apprendendo come al momento dell'arresto il ragazzo, non esattamente uno studente modello, già ripetente, abbia spiegato la sua bella idea: «Ce l'ho con il mondo. Ma non avrei mai sparato contro compagni e professori. Al massimo avrei usato il fucile contro me».

Sinceramente, queste parole possono consolare solo i piccoli di cuore, non le persone di buona volontà. Siamo certo tutti entusiasti che il ragazzo non abbia sparato e che la giornata si sia chiusa solo con uno spavento collettivo, ma la vicenda non può sfumare lievemente nell'idiotissimo tutto è bene ciò che finisce bene, in fondo sono ragazzi. C'è qualcosa che resta e che pesa, qualcosa che non può lasciarci tranquilli. Ovvio, il tema della sicurezza nelle scuole, troppo sottovalutato, soprattutto in questo sinistro clima di emulazione dilagante. Ma dopo tutto siamo ancora nel campo degli effetti. A inquietare molto di più, senza che nessuno riesca davvero a trovare una spiegazione consolante, è la causa primaria di questi effetti.

Il preside rilascia un commento raggelante, il solito commento di troppe storie simili: «Eppure è un ragazzo normale, cresciuto in una famiglia normale...».
Evidente: nemmeno la nostra idea di normalità può lasciarci tranquilli. L'America è anche qui. Gli schizzati sono anche qui. Gli schizzati siamo noi.

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