"Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura", presentato alla Camera il libro di Guido Giraudo

Era il 1975 quando Sergio Ramelli venne ucciso a 19 anni dagli estremisti di sinistra di Avanguardia operaia armati di chiavi inglesi mentre rincasava da scuola

"Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura", presentato alla Camera il libro di Guido Giraudo
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Alla Camera dei Deputati è stato presentato il libro "Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura", scritto da Guido Giraudo. Nel corso del pomeriggio sono intervenuti il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha fatto i saluti istituzionali. E poi Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati, Paola Frassinetti, sottosegretario all'Istruzione e al Merito, Riccardo De Corato, deputato FdI e vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Alessandro Amorese, capogruppo FdI in Commissione Cultura alla Camera, Francesco Lo Sardo, giornalista e autore Rai.

"Chi ha vissuto l'esperienza degli anni '70 ha conosciuto la condizione della mortificazione costante: non si era liberi. Guardare fuori la finestra, cambiare continuamente gli itinerari, avere presenti le chiese dove entrare in caso di pericolo, la sabbia per arginare quella stessa benzina che invece avrebbe acceso il rogo di Primavalle", ha spiegato l'onorevole Rampelli, sottolineando il clima di terrore di quel periodo. "La storia di Sergio Ramelli, corredata dal gesto infame del professore che ha consegnato ai suoi avversari il tema d'italiano dove si condannavano le Brigate Rosse, non può essere derubricato alla categoria dei sentimenti umani. Abbiamo il dovere dell'iniziativa, dell'azione, per raggiungere - in assenza di giustizia - almeno la verità storica di quanto di tragico accadde in quegli anni", ha proseguito. Quella, ci ha tenuto a precisare, "era una guerra civile non dichiarata, con epiloghi drammatici come quello di Sergio, una persecuzione diffusa contro chi si presumeva fosse di destra". Oggi, a distanza di anni e per non rischiare di ricadere in quello stesso terrore, è doveroso "capire e conquistare la verità storica, lo dobbiamo alle famiglie di quei ragazzi e lo si può fare attraverso una commissione d'inchiesta parlamentare perché ormai non si possono riaprire i processi, tranne poche eccezioni".

Purtroppo, nelle piazze dei centri sociali e dei colletti, ha ricordato La Russa nel suo intervento, tutt'oggi "vediamo quelle che sembrano scimmiottature di quegli anni, ma le scimmiottature possono essere pericolose. Oggi forse sono 10 quando erano mille, ma bastano 10 per fare i danni che fecero mille". E il presidente del Senato ha anche voluto ribadire che "Sergio deve vivere nel ricordo di tutti gli italiani, è il simbolo della lotta contro la violenza in genere, non solo contro la violenza di una parte politica". Non dev'essere, ha proseguito, "un simbolo identitario", come rischia di essere percepito oggi ma "deve essere un simbolo contro la violenza tutta, dobbiamo offrire il simbolo e il sacrificio di Sergio all'Italia". Questa fu anche la volontà di Giorgio Almirante, ha spiegato La Russa, che nel corso della presentazione ha ricordato un aneddoto: "Fu Almirante a chiedermi 'Ignazio, difendi la famiglia di Sergio Ramelli, non abbiamo bisogno di costituirci parte civile come partito, anche se avremmo potuto, perché vogliamo che non sia un processo di parte'... 'Tu difendi la madre, non il Movimento sociale italiano, perché Sergio deve vivere nella memoria di tutti gli italiani'".

L'onorevole Frassinetti, che durante la presentazione ha letto una lettera della sorella di Ramelli, ha sottolineato che le sue parole devono essere rivolte "soprattutto ai giovani perché la violenza non sia più strumento per sopprimere idee e persone ritenute 'scomode'. Il prossimo anno saranno passati 50 anni dall'omicidio di Sergio e sento fortemente la necessità di custodire il suo ricordo e nello stesso tempo di fare in modo che tutti si impegnino affinché quegli anni pieni di intolleranza, di odio e di violenza non tornino più". Galeazzo Bignami ha sottolineato come lui non fosse ancora nato quando uccisero Ramelli ma, ha rivelato, "voglio ricordare che nel marzo del '74, se i colpi che spararono contro mio padre fossero andati a segno, io non sarei nato... Lo dico perché questi episodi hanno inciso sulle nostre vite".

La storia di Bignami, ha proseguito, "è stata per tutti noi un riferimento. Quello che è accaduto a Sergio poteva accadere a ognuno di noi. Lui non recedette e continuò a esprimere le proprie idee. Questa comunità ha un onere nel portare avanti il suo ricordo".

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