Sinistra filoebrea per un giorno Gli altri 364 abbraccia Hamas

Dal segretario Bersani a D'Alema, da sempre nel Pd tutti invocano più tutele ai palestinesi. Poi il 27 gennaio gli eredi del Pci si ritrovano uniti nel condannare Shoah e fascismo

La sinistra italiana, che si considera la parte migliore del Paese e fra le cui mani sventola da sempre la bandiera del «politicamente corretto», ha celebrato anche quest'anno con compita partecipazione la Giornata della Memoria. E quando Silvio Berlusconi s'è lasciato scappare un giudizio infelice su Mussolini, non le è sembrato vero di sbranare - come si usa dire oggi - il Cavaliere e il suo presunto fascismo di ritorno. Lasciamo da parte Berlusconi, e volgiamo per un attimo lo sguardo alla sinistra scandalizzata - o meglio sarebbe dire scandalosa, e fastidiosamente ipocrita, perché ogni 27 di gennaio è sì orgogliosa di commemorare la Shoah, ma negli altri 364 giorni dell'anno non esita ad applaudire Hamas.

Lasciamo da parte le frange più estreme, i militanti del «Forum per la Palestina» - quasi tutti di Rifondazione e del Pdci, e oggi con Ingroia - che bruciano in piazza le bandiere di Israele, inneggiano al terrorismo e invocano una perversa riedizione della «soluzione finale». E lasciamo da parte gli studenti che lo scorso novembre hanno lanciato oggetti e scandito slogan minacciosi davanti alla sinagoga e alla scuola ebraica di Roma, senza che nessuno si sentisse in dovere di pronunciare una parola di condanna. E lasciamo anche da parte i lettori oramai appassiti del Manifesto, che apprezzano le parole di Valentino Parlato sulla «sanguinosa aggressione dello Stato di Israele contro i disperati di Gaza» e coprono di insulti (è accaduto tre anni fa) un collaboratore storico come Zvi Schuldiner, reo di aver scritto che «il calcolo di Hamas è criminale».

Ma se dagli «estremisti» spostiamo l'attenzione sulla «sinistra di governo» - quella di Bersani e di Vendola - il paesaggio non muta un granché. Nel corso dell'ultimo conflitto di novembre, il governatore della Puglia non ha speso una parola per condannare i razzi che piovevano su Tel Aviv, e si è invece scatenato contro la «violenza israeliana contraria a ogni convenzione internazionale e, soprattutto, a ogni elemento di diritto», schierandosi senza se e senza ma con «una popolazione civile stremata dall'isolamento imposto da Israele». Che poi buona parte di questa «popolazione civile» inneggiasse allo sterminio degli israeliani è per Vendola un dettaglio trascurabile.

Non si è comportato molto meglio Bersani, che in quei giorni, incontrando la Comunità ebraica di Roma, ha sparato ancora una volta su Israele - «Le colonie e i check point sono un'umiliazione quotidiana» - e poi non è stato capace di andare oltre una pericolante equidistanza - «il Pd non è tifoso né di Israele né dei palestinesi» - fingendo di ignorare che da una parte c'è uno Stato democratico in lotta per la propria sopravvivenza fisica, e dall'altra un'organizzazione terroristica senza scrupoli.

Già, Hamas. È qui il cuore dell'ambiguità del Pd, qui c'è il nocciolo duro, ineliminabile e imbarazzante, di una politica estera che, se dovesse diventare la politica estera del nostro Paese, potrebbe creare un serio problema internazionale. Intervenendo al seminario dei progressisti europei al Cairo, lo scorso 20 gennaio, Massimo D'Alema ha spezzato l'ambigua equidistanza di Bersani sostenendo che «non è più accettabile fare finta che la relazione fra i palestinesi fragili e divisi e i potenti israeliani sia su una base di parità». E ha poi ribadito una sua radicata convinzione: bisogna «favorire una riconciliazione politica all'interno della fazioni palestinesi.

Non avere avuto relazioni con Hamas da parte degli europei è stato un errore perché questo ha reso più difficile il processo di unità politica palestinese». Naturalmente, ha concluso D'Alema, «non è in discussione il diritto di Israele a esistere».

Peccato che Hamas non soltanto non riconosca questo diritto, ma anzi sia nata proprio per negarlo alla radice. L'articolo 11 dello statuto spiega infatti che «la terra di Palestina è un bene inalienabile, terra islamica affidata alle generazioni dell'Islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa». L'obiettivo di Hamas è di conseguenza quello di «sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina» cancellando la presenza ebraica. Davvero un programma democratico e progressista con cui dialogare.

Aveva avvertito Matteo Renzi, durante le primarie: «La sinistra italiana deve abituarsi a ridire che Israele ha il diritto di esistere, perché troppo spesso c'è stato un atteggiamento anti-israeliano

inconcepibile e insopportabile». Ma non è affatto andata così, e oggi la sinistra continua a flirtare con chi lavora per la distruzione di Israele. Come se gli ebrei meritassero ogni onore soltanto quando sono morti da molti anni.

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