Caro Leopoldo,
il commento di Angelo Bonelli, da te riportato, ossia «meglio che Feltri vada via», è sintomatico dell'insofferenza della sinistra, in questo caso addirittura radicale, alla democrazia e alle sue regole, come quella che prevede il pluralismo delle voci e dei pensieri nell'ambito di qualsiasi dibattito. I sedicenti democratici ammettono e accettano solamente chi la pensa come loro o chi è disposto a cominciare a pensarla come loro, coloro che invece sono portatori di opinioni differenti e che a queste opinioni non sono disponibili a rinunciare, a loro giudizio, non sono meritevoli di essere ascoltati e suscitano incontrollabili reazioni epidermiche che tradiscono lo spirito illiberale, squadrista e violento dei progressisti, che adorano travestirsi da pacifisti. A Bonelli, affetto evidentemente dallo snobismo e dal senso di superiorità tipici dei radicalchic, è accaduto. È accaduto di non riuscire a tenere a freno la lingua, quindi di manifestare lo spirito fascista insito in chi pur si proclama antifascista. Ti dirò, non ne sono affatto stupito, quindi va da sé che non me la sono presa. So cosa aspettarmi ormai da certi polli.
Bonelli si rassegni. Non può essere protagonista dei talk-show, ospite unico senza contraddittorio e senza giornalisti che egli mal sopporta.
Un programma televisivo, del resto, non è una riunione di partito e neppure un aperitivo tra compagni, ma una occasione per riflettere, attraverso più punti di vista, su argomenti di attualità che possono e devono essere sviscerati, commentati e analizzati pure da quanti non si inginocchiano davanti all'ideologia rossa. Se questo non gli sta bene, meglio che Bonelli vada via. Che si trasferisca all'estero, magari nella comunista Corea del Nord, dove potrebbe senz'altro sentirsi più a suo agio.
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