Tutte le figuracce europee di Giuseppe Conte

Da Paolo Gentiloni a Jean-Claude Juncker, i leader europei sbeffeggiano Giuseppe Conte e smontano la sua protervia

Tutte le figuracce europee di Giuseppe Conte
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"C'è un po' di retorica italiana sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero". Paolo Gentiloni, commissario europeo all'Economia, intervistato dal Corriere della Sera, smonta così la versione di Giuseppe Conte sulla distribuzione dei fondi del Recovery Fund tra i vari Stati membri dell'Unione.

"Il mio governo è andato in Europa e ha portato a casa 209 miliardi di euro", si è sempre vantato il leader del M5S che ha incentrato le campagne elettorali sulla sua capacità di "piegare" i falchi di Bruxelles a concedere all'Italia una tale quantità di risorse. Non era vero niente. La scelta di destinare 209 miliardi al nostro Paese è stata presa attraversi un algoritmo "ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi)", rivela Paolo Gentiloni sottolineando inoltre che l'Italia è stato il settimo Paese destinatario dei fondi"in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil". Insomma, persino Spagna e Croazia, in proporzione, hanno ottenuto più risorse di noi. "Sempre grazie all’algoritmo", sentenzia Gentiloni.

Una vera e propria figuraccia per l'ex premier Conte che arriva dopo appena due mesi dalla rivelazione alquanto esilarante di Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione che ha preceduto Ursula Von Der Leyen, infatti, ha raccontato al Sole 24ore che l'allora premier del governo gialloverde, durante i summit europei, era solito intervenire con questo ridicolo incipit: "Io in quanto professore di diritto internazionale devo dirvi...". Un esordio che aveva spinto anche i premier degli altri Paesi a sbeffeggiarlo presentandosi esaltando la professione che avevano svolto prima di entrare in politica: chi l'idraulico, chi il pompiere. "Anche se l'uomo ci piaceva, finì per infastidire gli altri leader", disse Junker.

Che all'ex premier piacesse stare al centro dell'attenzione lo si era capito già nel 2020 quando, in occasione della Conferenza internazionale sulla Libia, cercò di mettere in prima fila accanto ad Angela Merkel e a Ursula von der Leyen per la tradizionale foto di rito. Essendo arrivato leggermente in ritardo, però, dovette lasciare spazio al presidente francese Emmanuel Macron e accontentarsi della seconda fila. Senza bisogno di andare così a ritroso nel tempo, il trasferimento del detenuto Chico Forti ad opera del governo Meloni mette in evidenza quanto ùpoco efficace è stata la politica estera grillina dal momento che anche l'allora ministro Luigi Di Maio, nel 2020, cercò invano di compiere la stessa impresa ma fallì miseramente.

E, mentre all'epoca Il Fatto Quotidiano sosteneva l'operazione diplomatica, oggi definise Forti un assassino. Non va, inoltre, dimenticata l'ipocrisia di un leader politico come Conte che, sul simbolo del M5S ha fatto scrivere la parola pace, ma durante i suoi governi ha aumentato le spese militari del 17%...

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