Tutte le gaffe di Fassino

Dai Cinque Stelle che non avrebbero preso tanti voti al dito medio rivolto ai tifosi del Torino: l'esperienza politica dell'ex leader di sinistra è contraddistinta da qualche caduta di stile di troppo. Il cedolino mostrato alla Camera completa la collezione

Tutte le gaffe di Fassino

Prima del cedolino mostrato in Parlamento, per dimostrare che il suo stipendio non fosse d'oro, Piero Fassino aveva comunque già dato abbondantemente il meglio di sè, in termini di gaffe e scivoloni. L'ex segretario si era trasformato in portabandiera di una battaglia destinata a fare discutere: quella contro lo stop ai cosiddetti vitalizi. Il 2 agosto quasi tutta la Camera dei deputati aveva votato a fare dell'ordine del giorno proposto da Tommaso Foti (Fratelli d'Italia) a Montecitorio, raccogliendo così le inevitabili critiche di gran parte dell'opinione pubblica. Eppure, nei suoi lunghi decenni di attività e militanza politica, non sono mancate a Fassino le clamorose cadute dialettiche.

Le sue "celebri" profezie

Quello che lo ha reso (ahilui) più famoso sono le celebri profezie. Tre si sono rivelate storicamente irresistibili. "Se Grillo vuol fare politica, fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende". Era il giugno 2009 e, quattro mesi più tardi, il comico genovese fondò effettivamente il Movimento Cinque Stelle ricevendo diversi consensi, soprattutto nelle elezioni politiche del 2013 e del 2018. "Chissà se un giorno lei si siederà su questa sedia e poi vedremo se poi sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di poter fare". Questo suo invito venne rivolto nel maggio 2015 a una consigliera comunale pentastellata che si chiamava Chiara Appendino, la quale giusto un anno dopo lo scalzerà dall'incarico di sindaco di Torino. E sulla guerra in Ucraina? "Non prevedo l'invasione, arrivare a Kiev sarebbe azzardato per Putin". Era il 22 febbraio 2022: sappiamo tutti che cosa è capitato due giorni dopo.

"Abbiamo una banca?"

In un'intercettazione con Giovanni Consorte, Piero Fassino - ai tempo segretario dei Democratici di Sinistra - chiese all'allora amministratore delegato di Unipol: "Ma abbiamo una banca?". La domanda faceva riferimento ai tentativi di acquisizione da parte di Unipol della Banca Nazionale del Lavoro. Tale operazione, in quelle settimane, era oggetto di una complessa e frastagliata inchiesta giudiziaria che i giornali definirono "Bancopoli". Consorte si dimise dal suo incarico soltanto il 28 dicembre 2005 proprio in seguito alle indagini dei magistrati. La pubblicazione della frase di Fassino generò una grandissima quantità di polemiche: non vi era nulla di penalmente rivelante, ma di certo Fassino non fece esattamente una gran bella figura in piena campagna elettorale per il 2006.

Il dialogo con i talebani

Mentre stava crescendo l'ansia sulla sorte di Daniele Mastrogiacomo, giornalista rapito in Afghanistan nel 2007, Fassino propose proprio in quei giorni di portare anche i talebani al tavolo della pace. Questo perché "la pace si fa con il nemico" ed "è difficile pensare" a una conferenza che non veda seduti attorno allo stesso tavolo tutti i protagonisti del conflitto. Il problema è che il governo di centrosinistra - all'epoca in carica e ovviamente sostenuto da Fassino - non escludeva assolutamente questa ipotesi. Un tempismo a dir poco perfetto, visto che il ministro degli Esteri D'Alema si stava recando all'Onu per illustrare il progetto italiano e tentare di raccogliere adesioni. Una fuga in avanti che non ha avuto mai alcuna concreta possibilità di arrivare in porto.

Fassino capo di tutti i sindaci (senza esserlo più)

Ma torniamo alla sua esperienza di sindaco di Torino. Nel giugno 2016, da primo cittadino in carica, perse clamorosamente il ballottaggio contro la grillina Appendino. Proprio lui che, nel frattempo, era anche presidente dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci). Il problema è che quella carica sembrava proprio non volerla abbandonare: bisognerà aspettare in effetti almeno quattro mesi prima che Fassino deciderà di abbandonare quel ruolo istituzionale che oramai non aveva più senso. Durante i suoi cinque anni alla guida del capoluogo piemontese divenne virale il suo dito medio rivolto ai tifosi del Torino in occasione dell'anniversario della strage di Superga (4 maggio 2014): lui prima negò il gestaccio, poi - una volta uscito il video che catturava la scena - si scusò: "Un ristretto gruppo di ultras ha ritenuto di aggredirmi e insultare me e la mia famiglia preventivamente, persino con lancio di pietre, cosa che ha provocato una mia istintiva e umana reazione, di cui naturalmente mi rammarico".

Il "ricordo" del Vajont

"Abbiamo tutti negli occhi il ricordo di quel disastro... il crollo della diga...". Voleva rendere omaggio alle vittime del Vajont, ma nell'ottobre 2013 Fassino cadde in una clamorosa gaffe, in quanto quella diga, in realtà, non è mai crollata nella tragica notte el 9 ottobre del 1963. Solo a incontro concluso, quando gli è stato fatto notare, l'ex ministro della Giustizia ebbe modo di giustificarsi, assicurando: "Non volevo dire che la diga era caduta… So bene che l'onda l'ha soltanto scavalcata…". Sarà.

L'accusa di "fascista" rivolta a Travaglio

Infine, la clamorosa topica contro Marco Travaglio. Fassino aveva risposto alle critiche del direttore del Fatto Quotidiano sulla legge elettorale Rosatellum affermando che "Travaglio viene dal Fuan, io vengo da tutt'altra storia, ognuno sta sulla sua barricata". "Sta dicendo – avevano chiesto stupiti i conduttori di Un giorno da pecora – che facesse parte del Fuan?". E lui aveva confermato: "Sì, il Fronte universitario fascista, Travaglio viene da lì. Ha pienamente diritto di farlo, solo che siamo su fronti opposti, non c'è possibilità di confusione".

Ora, potrebbe andare bene tutto, ma definire "fascista" completamente a casaccio e senza un minino fondamento una persona (anche se non ti è particolarmente a genio) che non lo è mai stata è stata solamente una delle tantissime cadute di stile in cui l'esponente di sinistra è inciampato.

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