Così, per non dimenticare, per non lasciare che la polvere del tempo cancelli persino la memoria: sono tre anni esatti che in uno squallido slargo di Chignolo d'Isola fu ritrovato il cadavere della piccola Yara. La cercavano dal novembre, con battute a tappeto, cani dal fiuto sofisticato e interventi non richiesti delle medium. Stava a pochi chilometri da Brembate, da casa sua, dov'era sparita in una gelida serata senza lasciare tracce.
Che cosa resta, nel giorno del terzo annivesario? Restano 18mila campioni di Dna prelevati tra la popolazione ritenuta potenzialmente coinvolta.
Resta la convinzione di aver trovato il padre dell'assassino, un autista sepolto nel cimitero della Valle Seriana, ma non il figlio illegittimo cresciuto chissà dove e chissà come.
Resta una famiglia che non si è rassegnata un solo istante, e che ancora oggi, più di ieri, invoca giustizia.
Resta la promessa del procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettori, che in occasione del penoso anniversario assicura: "Non ci fermeremo mai, andremo avanti fino a quando non troveremo il colpevole".
Ma resta purtroppo, sopra tutto, un'amarissima sensazione: tre anni dopo, appare evidente che l'indagine è ancora lontanissima dalla conclusione, e che soltanto un passo in avanti dell'assassino, magari schiacciato dal rimorso, possa ristabilire la verità. Tre anni dopo, è meno di una labile speranza. Il poco che resta nella nebbia di un delitto irrisolto.
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