Roma - No, lui non vuole essere definito una «vittima», un «martire». Tantomeno un «guru», un «crociato della verità». Neppure ora che lancia la missione impossibile per eccellenza in Italia: essere editori di se stessi. Ma non si sente un «unto dal Signore », uno che si pone come unico portavoce del servizio pubblico, del popolo che soffre, della lotta per cacciare i potenti corrotti, che chiede di fare il direttore generale della Rai per manifesta «bravura»? Lo chiediamo a lui stesso, Michele Santoro, che ieri ha convocato i giornalisti per il debutto del progetto multipiattaforma che partirà giovedì: il suo talk Servizio pubblico , slegato dai grandi network, ospite in simultanea su una serie di reti locali, Sky e web (un milione di euro raccolto come azionariato popolare, centodiecimila euro dagli spot per ciascuna puntata). Prima serata dedicata, ovviamente, alla crisi economica e politica, grande spazio alle piazze, agli amici Vauro e Travaglio e collegamento con il «cattivo» per eccellenza: Lavitola.
Per cortesia, Santoro, provi a uscire un secondo dal suo ruolo: quanto c’è in lei di«puro»desiderio di lottare per questa triste Italia e quanto di narcisismo, di megalomania?
«Io non mi sento il più bravo di tutti. Riconosco però la necessità del ruolo della star, e dico star tra virgolette. Fino a un certo punto, le star, cioè i personaggi che si espongono, facevano da cuscinetto tra il pubblico e la politica. Da qualche anno non è più possibile neppure questo, hanno voluto zittire pure noi».
Per questo si è dovuto trasformare da Santoro in santo?
«Ancora con questa storia... Sono solo uno che ha lottato per anni per avere il suo giusto spazio in Rai e alla fine ha dovuto arrendersi, anche per non rimetterci in salute».
Non si sente più un attore che un giornalista?
«Certo, ma nell’accezione etimologica del termine: sono un attore, nel senso di uno che agisce. Di più, mi sento il protagonista di un meta-storia, di un racconto: la sfida tra la gente e la politica che passa attraverso la mia avventura ».
Insomma, è regista e protagonista di un film...
«E sa che le dico? Che se il film avesse un lieto fine, io potrei pure uscire di scena».
Addirittura?
«Certo, ho anche altri progetti nella vita, come dedicarmi ai documentari, e vivere in modo più rilassato. Però, prima bisogna valutare il finale del racconto. Insomma se ci fossero garanzie precise che questi signori della politica, sia della destra che della sinistra, si levassero di torno per lasciare spazio a politici sani, allora anche il mio tempo sarebbe finito».
E chi le può dare queste garanzie, il wiki Pd di Matteo Renzi?
«Non ho sentito nelle sue cento proposte nessuna idea originale che sappia rispondere ai bisogni della gente. Ma stiamo a vedere».
E se non ci fosse un lieto fine?
«Continueremo a lottare. Questi politici non devono sentirsi rassicurati, se loro non cambieranno, ci arrangeremo da soli, abbiamo già centomila persone disposte a versare soldi, tramite l’azionariato popolare, per combatterli».
Potrebbe anche entrare in politica?
«Ho già un ruolo politico. Il che non mi esime da appoggiare qualcuno in cui credo».
Ma se e quando Berlusconi lascerà il governo, non si sentirà un po’ orfano del suo bersaglio preferito?
«Devo dire che ero famoso già molto prima che Berlusconi scendesse in politica. E mi sono occupato di molte cose prima di lui. Comunque, come potrebbe non essere protagonista dei nostri programmi? Potere, governo, soldi, sesso...».
Lei dice che ormai l’informazione si può fare solo fuori dalla Rai e dai network nazionali, parla di censura, ma non è anche vero che il suo meta-racconto funzionava solo se saliva un gradino sopra i vari Gabanelli, Dandini, Fazio, Saviano?
«Ognuno fa il suo lavoro al meglio possibile, io non volevo più accettare le pressioni della politica. Noto soltanto che tre persone sono completamente fuori dal sistema: io, Celentano e Luttazzi, quelliche non si piegano a nessun condizionamento ».
Intanto, Ferrara le ha lanciato la sfida:
un talk al posto del suo Annozero su Raidue al giovedì.«Accetto la sfida, risponderemo al suo carrarmato, con le nostre fionde, povere ma creative». Insomma, Davide contro Golia, la Bibbia, i santi, Santoro.
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