INTERVISTA Santoro presenta il suo show: "Se Silvio lascia, sono pronto a lasciare anch'io"

Il conduttore presenta il suo nuovo show Servizio Pubblico e lancia una provocazione: "Da tempo ho un ruolo politico, potrei uscire di scena". Poi denuncia: "Hanno voluto zittire anche le 'star' come me". La trasmissione partirà giovedì prossimo

INTERVISTA Santoro presenta il suo show: "Se Silvio lascia, sono pronto a lasciare anch'io"

Roma - No, lui non vuole essere de­finito una «vittima», un «martire». Tantomeno un «guru», un «crocia­to della verità». Neppure ora che lancia la missione impossibile per eccellenza in Italia: essere editori di se stessi. Ma non si sente un «un­to dal Signore », uno che si pone co­me unico portavoce del servizio pubblico, del popolo che soffre, della lotta per cacciare i potenti corrotti, che chiede di fare il diret­tore generale della Rai per manife­sta «bravura»? Lo chiediamo a lui stesso, Michele Santoro, che ieri ha convocato i giornalisti per il de­butto del progetto multipiattafor­ma che partirà giovedì: il suo talk Servizio pubblico , slegato dai gran­di network, ospite in simultanea su una serie di reti locali, Sky e web (un milione di euro raccolto come azionariato popolare, centodieci­mila euro dagli spot per ciascuna puntata). Prima serata dedicata, ovviamente, alla crisi economica e politica, grande spazio alle piaz­ze, agli amici Vauro e Travaglio e collegamento con il «cattivo» per eccellenza: Lavitola.

Per cortesia, Santoro, provi a uscire un secondo dal suo ruo­lo: quanto c’è in lei di«puro»de­siderio di lottare per questa tri­ste Italia e quanto di narcisi­smo, di megalomania?
«Io non mi sento il più bravo di tutti. Riconosco però la necessità del ruolo della star, e dico star tra virgolette. Fino a un certo punto, le star, cioè i personaggi che si espongono, facevano da cuscinet­to tra il pubblico e la politica. Da qualche anno non è più possibile neppure questo, hanno voluto zit­tire pure noi».

Per questo si è dovuto trasfor­mare da Santoro in santo?
«Ancora con questa storia... So­no solo uno che ha lottato per anni per avere il suo giusto spazio in Rai e alla fine ha dovuto arrendersi, an­che per non rimetterci in salute».

Non si sente più un attore che un giornalista?
«Certo, ma nell’accezione eti­mologica del termine: sono un at­tore, nel senso di uno che agisce. Di più, mi sento il protagonista di un meta-storia, di un racconto: la sfida tra la gente e la politica che passa attraverso la mia avventu­ra ».

Insomma, è regista e protagoni­sta di un film...
«E sa che le dico? Che se il film avesse un lieto fine, io potrei pure uscire di scena».

Addirittura?
«Certo, ho anche altri progetti nella vita, come dedicarmi ai docu­mentari, e vivere in modo più rilas­sato. Però, prima bisogna valutare il finale del racconto. Insomma se ci fossero garanzie precise che que­sti signori della politica, sia della destra che della sinistra, si levasse­ro di torno per lasciare spazio a po­litici sani, allora anche il mio tem­po sarebbe finito».

E chi le può dare queste garan­zie, il wiki Pd di Matteo Renzi?
«Non ho sentito nelle sue cento proposte nessuna idea originale che sappia rispondere ai bisogni della gente. Ma stiamo a vedere».

E se non ci fosse un lieto fine?
«Continueremo a lottare. Que­s­ti politici non devono sentirsi ras­sicurati, se loro non cambieranno, ci arrangeremo da soli, abbiamo già centomila persone disposte a versare soldi, tramite l’azionaria­to popolare, per combatterli».

Potrebbe anche entrare in poli­tica?
«Ho già un ruolo politico. Il che non mi esime da appoggiare qual­cuno in cui credo».

Ma se e quando Berlusconi la­scerà il governo, non si sentirà un po’ orfano del suo bersaglio preferito?
«Devo dire che ero famoso già molto prima che Berlusconi scen­desse in politica. E mi sono occupa­to di molte cose prima di lui. Co­munque, come potrebbe non esse­re protagonista dei nostri pro­grammi? Potere, governo, soldi, sesso...».

Lei dice che ormai l’informa­zione si può fare solo fuori dal­la Rai e dai network nazionali, parla di censura, ma non è an­che vero che il suo meta-rac­conto funzionava solo se saliva un gradino sopra i vari Gaba­nelli, Dandini, Fazio, Saviano?
«Ognuno fa il suo lavoro al me­glio possibile, io non volevo più ac­­cettare le pressioni della politica. Noto soltanto che tre persone so­no completamente fuori dal siste­ma: io, Celentano e Luttazzi, quel­li­che non si piegano a nessun con­dizionamento ».

Intanto, Ferrara le ha lanciato la sfida:

un talk al posto del suo Annozero su Raidue al giovedì.
«Accetto la sfida, risponderemo al suo carrarmato, con le nostre fionde, povere ma creative». In­somma, Davide contro Golia, la Bibbia, i santi, Santoro.

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