Teheran - Terzo giorno di protesta. Decine di migliaia di sostenitori dell’ex candidato moderato alle presidenziali in Iran Mir Hossein Mussavi sono tornate a radunarsi questo pomeriggio sulla piazza Haft-e-Tir, nel centro di Teheran. Lo hanno riferito testimoni oculari. È il terzo giorno che gli oppositori del presidente Mahmud Ahmadinejad, dichiarato rieletto nella consultazione del 12 giugno, danno vita a grandi raduni in varie parti della capitale. Dalla piazza Haft-e-Tir i manifestanti hanno cominciato a muoversi lungo il viale Karim Khan Zand, mentre molti altri si univano a loro dalle strade laterali. La manifestazione si svolge in silenzio, come quella tenuta ieri. I partecipanti, con nastri ai polsi di colore verde, quello di Moussavi, fanno con le dita il segno della vittoria.
Si schiera il calcio Alcuni giocatori della nazionale di calcio iraniana hanno giocato oggi a Seul la partita contro la Corea del Sud, valevole per le qualificazioni a mondiali del 2010, indossando al polso una fascetta verde, il colore di Moussavi. Anche la stella della squadra, Ali Karimi, soprannominato il "Maradona asiatico" ha espresso il suo sostegno al candidato sconfitto da Ahmadinejad. La partita, terminata 1 a 1, è stata trasmessa dalla tv iraniana, e il calcio è molto seguito in Iran. Il colore verde è stato utilizzato da Moussavi durante la campagna elettorale per le presidenziali di venerdì scorso. Il candidato moderato contesta il risultato del voto, che ha riconfermato Ahmadinejad per un altro mandato.
Domani il lutto Prosegue la protesta in Iran contro Ahmadinejad. Ma accanto alla rabbia c'è spazio anche per il dolore e il pianto. Il candidato sconfitto nelle elezioni presidenziali, Moussavi, ha esortato il popolo iraniano a osservare domani una giornata di lutto, con raduni e marce, per commemorare le vittime delle manifestazioni di protesta anti-regime. Il presidente rieletto, invece, ostenta sicurezza: "L’esito del voto conferma il lavoro basato sull’onestà e lo spirito di servizio: venticinque milioni di persone hanno dato il loro sostegno a questo maniera di gestire il Paese". Il braccio di ferro continua.
Disordini, rischio pena capitale Il procuratore della Repubblica di Isfahan, nell’Iran centrale, ha detto che le persone arrestate per i disordini in corso nel Paese potrebbero essere condannate a morte. Il magistrato, Mohammad Reza Habibi, ha riferito all’agenzia Fars che "il codice penale islamico prevede la pena di morte per coloro che creano danneggiamenti e incendi, considerandoli Mohareb". Un termine legale in arabo che significa "Nemici di Dio". Habibi ha aggiunto che i promotori dei disordini sono "legati a gruppi anti-rivoluzionari e ai nemici stranieri".
La manifestazione di ieri Gli oppositori del presidente iraniano ieri sono tornati in piazza a Teheran, nonostante i divieti delle autorità, dopo quella gigantesca che lunedì aveva radunato centinaia di migliaia di persone e si era conclusa con l'uccisione di sette manifestanti. Contemporaneamente i sostenitori del presidente si sono raccolti in una piazza distante una decina di chilometri per un raduno promosso dal governo. Ma quella che è in corso non è soltanto la contestazione popolare ad un regime e ai suoi presunti (per qualcuno certi, ndr) brogli elettorali. C'è qualcosa di più. E' una lotta di potere ai massimi livelli che va avanti da anni e vede protagonisti l'ayatollah Khamenei, erede di Khomeini, e l'ayatollah Rafsanjani, "protettore" di Moussavi, e secondo alcuni vero regista delle proteste di questi giorni.
Riconteggio dei voti La Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, secondo quanto riferito dalla televisione di Stato, si è detto favorevole ad una riconta parziale dei voti, ma "solo se necessario". Una frase ambigua che può voler dire tutto o niente. Lo stesso ha detto il Consiglio dei Guardiani, incaricato di sovrintendere alla regolarità delle elezioni, al quale il candidato moderato Mir Hossein Moussavi, sostenuto da molti riformisti, aveva chiesto di annullare il risultato del voto.
Manette ai riformisti Il regime, intanto, non sta a guardare. Proseguono gli arresti dei dirigenti del movimento riformista. La televisione iraniana in lingua inglese PressTv ha fatto sapere che a finire in manette sono stati, la scorsa notte, Mohammad Ali Abtahi, già stretto collaboratore dell'ex presidente Mohammad Khatami, e Said Hajjarian, ex viceministro dell'Intelligence, che è semiparalizzato in seguito ad un attentato subito dieci anni fa. Secondo PressTv i due sono accusati di essere gli organizzatori dei disordini avvenuti a Teheran. Il ministro dell'Intelligence, Gholamali Mohseni-Ejei, ha annunciato che sono 26 i "principali elementi dietro agli incidenti di Teheran" che sono stati arrestati. Manifestazioni e incidenti avvenuti negli ultimi giorni sono segnalati in altre città del Paese, tra le quali Shiraz e Tabriz.
Ahmadinejad in Russia Il presidente Ahmadinejad, che visti gli scontri lunedì aveva rinviato la sua partenza, ha partecipato ieri ad un vertice del Gruppo di Shanghai in Russia, dove non ha fatto cenno alla situazione interna, ma ha parlato della crisi mondiale e ha attaccato l'imperialismo e il capitalismo.
Sms, telefoni e internet La comunicazione gioca un ruolo essenziale in questa fase delicata. Il regime lo sa bene. E agisce di conseguenza. I messaggi sms continuano ad essere bloccati a Teheran e da ieri pomeriggio per diverse ore sono state interrotte anche le comunicazioni via voce dai telefoni cellulari, mentre le telefonate internazionali sono diventate molto difficoltose. Anche l'accesso a Internet è quasi impossibile in certi periodi della giornata.
Giornalisti Il governo ha avvertito i giornalisti stranieri che è loro vietato coprire avvenimenti non ufficiali, in particolare i raduni "che non hanno l'autorizzazione del ministero dell'Interno". Prima di tutto, dunque, le manifestazioni dei sostenitori di Moussavi.
Protesta spontanea in piazza Un nuovo raduno dei seguaci dell'ex candidato era previsto ieri a partire da Piazza Vali Asr, nel centro della capitale, ma quando i sostenitori di Ahmadinejad hanno annunciato una manifestazione nello stesso luogo, Moussavi ha preferito annullare la protesta per "non mettere in pericolo vite umane". Poi, all'improvviso, la manifestazione degli oppositori si è materializzata a metà pomeriggio nel nord della città, una decina di chilometri da quella governativa. E ciò nonostante la grande difficoltà nelle comunicazioni. Quella in favore di Moussavi, ha detto PressTv, è stata una manifestazione "enorme" e "pacifica", che da Piazza Vanak ha raggiunto Piazza Tajrish, qualche chilometro più a nord, percorrendo il Viale Vali Asr.
Violenze contro gli studenti Il presidente del Parlamento Ali Larijani, un conservatore di cui sono noti i difficili rapporti con Ahmadinejad, ha attaccato il ministero dell'Interno, affermando che esso "è responsabile e deve rispondere" di violenti attacchi contro gli studenti. Alcuni siti studenteschi avevano riferito di un attacco di uomini in borghese, forse appartenenti alle milizie islamiche dei Basiji, contro il principale dormitorio dell'Università di Teheran nella notte tra domenica e lunedì, e avevano affermato che vi erano state vittime.
Teheran contro l'Ue Prosegue, intanto, il braccio di ferro diplomatico. Ieri alcuni rappresentanti diplomatici di Paesi dell'Unione europea sono stati convocati al ministero dell'Interno per ricevere la protesta ufficiale dell'Iran per le reazioni alle violenze post-elettorali. La Ue, in particolare, si era detta "molto preoccupata" per la situazione, affermando che è necessario rispettare "il diritto di manifestare in modo pacifico".
Obama: poche differenze tra Ahmadinejad e Moussavi C'è poca differenza tra le politiche di Ahmadinejad e del suo rivale Moussavi: Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti lo dice alla tv Cnbc, citando per la prima volta in questi ultimi giorni i nomi dei due protagonisti. Per la Casa Bianca, pronta ad avviare un dialogo con Teheran, contano le politiche più che gli uomini. "Penso che sia importante capire che in entrambi i casi siamo di fronte a un regime ostile agli Stati Uniti - aggiunge il presidente Usa -. Abbiamo interessi a lungo termine a che non abbiano un'arma nucleare e che non fomentino il terrorismo". In precedenza, Obama aveva chiesto alle autorità di Teheran e al popolo iraniano "di fare il passo giusto" escludendo, allo stesso tempo, qualsiasi intromissione da parte di Washington.
E' una scelta di realpolitik quella del presidente Usa, che ne ha parlato anche nel giardino delle rose della Casa Bianca, incontrando i giornalisti insieme con il presidente della Corea del Sud Lee Myung-Bak. In realtà, Obama ha sostanzialmente ripetuto quanto aveva affermato il giorno prima dallo Studio Ovale, parlando accanto a al premier italiano Silvio Berlusconi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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