Il petrolio è solo uno dei tanti interessi con cui il terrorismo islamico si finanzia. Ci sono ben altri finanziamenti e molto più remunerativi, ma al momento sconosciuti ai più . Ad esempio le donazioni da parte dei fedeli musulmani, le tasse, gli investimenti, il controllo delle risorse agricole, e le attività criminali Una su tutte però è il bracconaggio. Da qui entrano i proventi più alti ($ 213 miliardi di dollari l'anno) a beneficio di queste organizzazioni terroristiche. Il perché tutto questo, si sia scoperto solo ora, lo abbiamo chiesto in esclusiva per il Giornale.it a Pietro Scuricini, studioso di geopolitica internazionale, Ufficiale dell’Esercito in ausiliaria che ha lavorato per oltre 20 anni in ambienti internazionali della Nato e dell’Osce
A finanziare il terrorismo islamico, a quanto pare non è solo il petrolio, ma anche il bracconaggio. Come è arrivato a scoprire questo?
Ho cominciato ad interessarmi di questo subito dopo aver lasciato il mio ultimo incarico ricoperto al Segretariato Generale della Difesa come Responsabile della Cooperazione Bilaterale con i Paesi africani, dove avevo avuto chiaramente occasione di essere coinvolto nello studio e approfondimento delle 190 organizzazioni terroristiche presenti sul territorio africano. Basti pensare che su 55 paesi 27 sono in guerra. Si tratta di guerre interne, conflitti aperti all’interno. In questi 27 paesi 190 organizzazioni si combattono fra di loro , contro gli enti governativi i quali poi si alleano con l’una o con l’altra organizzazione terroristica a seconda della situazione o di chi è al governo.
È indubbio come queste organizzazioni terroristiche traggano beneficio dalla difficoltà del paese in cui operano, giusto?
Purtroppo, si. E solo dopo varie ricerche in collaborazione con l’Ecole Universitaire Internationale , che da un report delle Nazioni Unite siamo venuti a conoscenza di stretti legami tra il traffico di animali e piante rare, e le organizzazioni terroristiche. Tutto questo porta ad un giro d’affari pazzesco di oltre 213 miliardi di dollari. Ma a stupirmi non è stata la cifra da capogiro stimata, ma il fatto che in Italia nessuno ne fosse a conoscenza e nessuno ne aveva mai parlato. A parte un articolo uscito ad ottobre del 2014 su l’Espresso. E comunque anche a livello internazionale questo argomento è venuto alla luce solo di recente.
Le prime avvisaglie mi sembra però ci siano state già dal 2011, vero?
Si, ma all’inizio sia il Governo inglese che quello americano negarono questi collegamenti. Persino il RUSI (Royal United Services Institute per la difesa e gli studi della sicurezza) negò nel 2011 questa collusione. Questo e soprattutto per negare che ci fosse stato un legame tra il commercio dell’avorio e gli stessi organismi internazionali. E per rimediare a questo 4 nazioni attuarono delle clamorose “Ivory burning”. Ovvero bruciarono l’avorio che avevano precedentemente confiscato.
Quali erano queste nazioni?
La prima fu il Kenia, con ben 6 tonnellate di avorio, il Gabon, le Filippine, e la Cina nel 2014. E poi a ruota anche gli Stati Uniti i quali però negavano di essere coinvolti. Peccato che poi sia venuto alla luce, in tempi recenti, che Cina e Stati Uniti sono i più grossi Stati che commerciavano avorio arrivato illegalmente
E ironia del destino fu proprio l’ex Segretaria di Stato Hillary Rodham Clinton, nel 2013, a portare a conoscenza questa delicata questione a livello mondiale.
Esatto. A seguito di questo suo importante intervento e presa di posizione si è scoperto che il traffico di animali selvatici e piante rare, è il quarto più grande e redditizio business nel campo dell’illegalità. Dopo quello della droga, delle armi, della tratta di persone, del furto di petrolio a cui si aggiunge anche la contraffazione. L’avorio inoltre è uno dei prodotti della fauna selvatica più preziosi sul mercato nero, attualmente il suo prezzo viene infatti stimato al di sopra dei 1.000 dollari a libbra.
Da questo momento in poi si sono pian piano delineate le varie organizzazioni terroristiche che traevano e traggono ancora i massimi benefici da questi traffici. Quali sono nelle specifico?
Una di queste è Al-Shabaab che arrivava a guadagnare anche 600mila dollari al mese da questo tipo di traffico. Poi i gruppi ribelli della Lord’s Resistance Army, il cui leader è Joseph Kony. Agiscono soprattutto in Uganda e hanno le loro basi in Sudafrica. Sterminano animali protetti per migliorare e finanziare i costosi attentati oltreconfine e gli addestramenti dei nuovi militanti. Un’altra organizzazione, formata da miliziani filogovernativi impegnati nella guerra civile in Sudan, nella regione del Darfur è la Janjaweed e poi la famosa Boko Haram.
Mi scusi ma dal 2012 ad oggi queste organizzazioni traggono ancora i loro profitti da questi traffici illegali?
Si, ma c’è di più. Dato che Boko Haram è un’estensione, un’alleata dell’Isis, mentre Al- Shabaab è un’organizzazione terroristica fortemente connessa con Al Qaeda, ovviamente da questo si sarebbe dovuto capire che sia l’Isis che Al Qaeda potevano, data l’elevata entità di questi traffici (213 miliardi), ricevere finanziamenti e sostegno da queste organizzazioni.
Quali sono le banche della Sharia?
Al Rajhi Bank e National Commerce Bank in Arabia Saudita, Al Shamal Islamic Bank in Sudan, Arab Bank in Giordania, Islami Bank Bangladesh Limited in Bangladesh, Bank Melli e Mank Saderat in Iran, Dubai Islamic Bank in Pakistan e infine Tadamon Islamic Bank in Yemen.
Ricapitolando. Le prime avvisaglie su questi traffici dediti poi ai finanziamenti alle organizzazioni terroristiche ci sono state già dal 2011 poi nel 2013 le prime certezze. Siamo nel 2015 perché tutto questo non è stato fermato, arginato?
Perché nonostante l’UNDP (programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) nell’aprile del 2014 abbia reso noto un report fatto in collaborazione con l’Interpool, dove riportava cifre da capogiro la notizia non si espanse come avrebbe dovuto. Solo dopo che essere stato ripreso dal giornale Vice News, e dal più noto Washington Post nel 2015. Ma attenzione non se ne parlo per il fatto dei finanziamenti ai terroristi ma per la sponsorizzazione da parte di Hillary Clinton che si batteva contro il bracconaggio. In dieci anni infatti questo traffico illegale aveva più che dimezzato elefanti, tigri, rinoceronti e giraffe. Quindi a seguito di questo articolo che ha attenzionato l’opinione pubblica, solo allora il Governo americano, ammise ufficialmente di essere uno dei principali importatori di avorio.
Un’altra che sembra essere una casualità ma di certo non lo è la firma di due trattati, accordi, uno di seguito all’altro da parte degli Stati Uniti. Il primo firmato nel mese di ottobre è l’ultimo, caso strano, il 19 novembre 2015. Ovvero qualche giorno prima in cui il Washington Post accennava al suo prossimo intervento a Roma, dove per la prima volta, avrebbe parlato di questo collegamento fra bracconaggio e finanziamenti ai terroristi.
Si. Il primo accordo trattava la dichiarazione d’intenti strategica da parte degli Stati Uniti sul Trans Pacif Partnership (Tpp). L’altro quello di cui lei parla è dove tutti i paesi, Stati Uniti compresi insieme all’Australia, le Filippine, il Giappone, la Malesia, il Vietnam si sono uniti per cooperare contro il bracconaggio. Potremmo definirle strane e tardive prese di coscienza, no?
Quindi sia l’America che la Cina erano in qualche modo collusi con queste organizzazioni di bracconaggio. Insomma non potevano non sapere.
Certo e gli americani lo hanno anche ammesso d'importare avorio illegale, come anche tutti i paesi asiatici come l'India, Malesia, Thailandia, Cina e Giappone per cui è diventato quasi uno status symbol di questo rampante capitalismo asiatico, acquistare e comprare articoli in avorio. In tutti i report ci sono questi riferimenti.
Le cifre da capogiro stimate da questi traffici, che di fatto almeno in parte sono andate è andata e andrà a sovvenzionare il terrorismo islamico come sono potute sfuggire ai governi competenti?
Sulla collusione dei governi non posso fare nessuna affermazione. Ma sul fatto delle esorbitanti cifre che girano non possono essere state ignorate. Sicuramente hanno sottostimato la situazione. E’ chiaro comunque come tutti sapevano e sanno, di come avvengano questi traffici illegali nel proprio paese. Di certo non è mai stato evidenziato in nessun modo. E da quello che ho constato a Roma, durante la conferenza “Terrorismo e Giubileo - Roma si Mobilita” questi dati, per la prima volta da me rivelati, erano misconosciuti anche in Italia. Ecco di tutto questo non riesco a capacitarmi. Come sono riuscito io a risalire a tutto questo potevano anche e sopratutto loro.
Hanno forse peccato d'ingenuità o magari si è pensato che determinati fenomeni erano solo circoscritti solo in determinate aree?
Probabilmente non hanno ragionato sul fatto che tutto questo era gestito da gruppi di guerriglieri, ribelli. Tutte queste attività di bracconaggio avvengono in paesi dove c’è una forte presenza di organizzazioni terroristiche di cui i governi non possono non essere a conoscenza. E' difficile quindi non pensare che anche loro, in qualche modo potessero essere coinvolti.
Come si può fermare tutto questo?
Sicuramente il blocco deve essere da parte dei governi che ricevono, questa merce illegale. Non comprandola più si blocca di fatto la produzione, il bracconaggio.L'obbligo dei governi è di bloccare l'acquisto e emandare norme e pene pecuniarie e detentive , contro chi vende e compraa. Questo non solo per salvaguardare la fauna e la flora ma anche per evitare ripercussioni di vite umane generate dagli attacchi terroristici che come abbiamo ben capito sono altamente finanziate da questi traffici illegali. Quindi giusto l' accordo tra gli Usa e gli altri paesi di condannare questi trafficii. C'è stata anche una proposta abbastanza originale, sponsorizzata da Google, ovvero quella di usare dei droni che possano sorvolare e quindi intercettare, questi traffici. Il costo da parte dell'azienda mi sembra è stato di 5 milioni di euro. Ma se i governi stessi non sono riusciti ad arginare il fenomeno per quanto buona questa idea non penso risulterà cosi efficace.
Ad oggi, quale potrebbe essere l’arma vincente contro il terrorismo?
Al momento come principale meccanismo di contrasto al terrorismo bisogna tornare alla human intelligence. L’unica possibilità, l’unica arma attualmente valida torna ad essere la conoscenza. E altra cosa importantissima , lo scambio di informazioni, dove a mio avviso in Europa siamo perdenti in quanto siamo lontanissimi dall’essere Stati Uniti d’Europa. Le informazioni faticano ancora ad essere condivise, ognuno guarda ancora troppo e solo al proprio “orticello” quando invece per il bene comune ogni paese europeo dovrebbe aprire e condividere le proprie conoscenze con gli altri. Un piccolo cenno di apertura c’è sato, ma siamo ancora lontani, a livello informativo, dei paramenti degli Stati Uniti. La popolazione, inoltre, può dare certamente una mano, senza creare falsi allarmismi, ma aprendo gli occhi e profilando varie situazioni alle autorità competenti.
Il terrorismo islamico vincerà?
Secondo me non c’è nessuna possibilità che vinca, soprattutto quello islamico che ha troppe imposizioni legate alla fede. Gli stessi musulmani stanno cominciando ad alzare la testa e ribellarsi. Anche possibili attentati in Italia non li vedo poi così certi. Il nostro Paese infatti sta collaborando ma senza farsi trascinare in situazioni in cui il nostro intervento possa poi farci prendere di mira al pari di Francia o Russia. Ricordiamo come precedentemente in Libia, l’interventismo ci sia già costato tanto e non abbia portato a nulla. L’abbiamo distrutta senza una capacità di farne una vera nazione libera. Dovremmo avere l’umiltà di capire che non siamo noi occidentali a portare la cultura in altri paesi.
Dobbiamo rispettare la loro identità e cercare, al massimo, solo di supportarli in quelle che sono le nostre possibilità. Ma pensare di poter sradicare la loro cultura per portare la nostra, significherebbe essere noi stessi i peggiori terroristi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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