"Jack Frusciante" rientra nel gruppo e si fa in "Due" cercando l'amore

I ragazzi non piangono, in teoria, ma quando la memoria è già dolore all'umor non si comanda

"Jack Frusciante" rientra nel gruppo e si fa in "Due" cercando l'amore

Ascoltate, gente, lasciatevi invadere dalla musica, ché la nostra canzone suona ancora per noi e per tutti.

Nel tardo giugno dell'anno domini uno nove nove due da qui si riparte il vecchio Alex giaceva in ruina, ridotto all'ombra tardo-adolescente di se stesso.

Non filava più come il vento, puvràtt, e nemmeno osava azioni timide alla moviola; sospirava spento e nascosto al mondo, ecco cosa, nella penombra della sua cameretta a casa D., in fondo alla Saragozza avenue di Bologna.

Ristava in branda, siccome immobile, da mane a sera a mane, ché dalla sua esistenza di pedalatore roccioso e aspirante rude boy erano spariti crudelmente trama, colore e sostanza.

Prestate fede al sottoscritto, che sa di cosa parla: nella primavera dei suoi diciassette anni il nostro roccioso aveva varcato una prima sghemba linea d'ombra. L'aveva varcata, quant'è vero Ahura Mazda, e ora si trovava un attimino raso al suolo.

Arduo da immaginare, per chi lo conobbe propenso alla vita e aspirante bassista, ma da queste parti si serbano prove inconfutabili, archiviate all'epoca su floppy disk, audionastro e videocassetta.

Ancora miscredete? E allora, in nome della nostra inossidabie amicizia, andiamo a inserire il vhs! Si azioni il tasto play, se il cuor non vi manca, et voilà: è proprio lui, lo vedete coi vostri fanali, supino ed esangue come il giovane Ortis nei giorni di presamàla, le orecchie guarnite dalle cuffie arancioni e spugnose del walkman.

Cosa si mormora, laggiù? Sarebbe un sosia? Ma per cortesia! Non riconoscete il profilo pugilistico del naso, l'ombra delle basette, quel modo tutto suo di abbracciare il cuscino, come fosse l'ultimo rottame al quale aggrapparsi dopo il naufragio?

È proprio il vecchio Alex, solo svigorito e fané, tipo faraone giovane rinchiuso nel sarcofago a diciassette anni e mezzo.

Il fatto è che, nell'ambito delle letture sue disordinate, il nostro matto si era imbattuto in una teoria discutibile: a un essere umano sarebbe consentito essere felice appena dodici settimane in tutta la vita.

Non c'è fondamento scientifico, dite? Alziamo le mani. Siete voi quelli che hanno studiato.

Resta il fatto che il giovin signore Alex D. si era bevuto la fola d'un sorso, tipo kinotto nel solleone; di quell'aforisma guasto si sentiva anzi il protagonista, la prova vivente, il testimonial definitivo. Era arcisicuro di averle ormai alle spalle tutte e dodici, le sue settimane di gioia, tipo veicoli in fiamme lungo l'autostrada per l'inferno. Così siamo messi nel presente stato di questo sogno.

I ragazzi non piangono, in teoria, ma quando la memoria è già dolore all'umor non si comanda. Di conseguenza anche la produzione di liriche giovanili del nostro, ispirate agli haiku made in Japan, oscilla selvaggiamente fra il grave e il greve: Sto male kazzo sto di merda fanculo sprofondo nel loop.

mi dovrei vergognare lo so a menadito, signore e signori, in fondo non mi manca niente mica come i desperados giù in Etiopia o nelle favelas di Rio, ma è andata così e in nessun altro modo porca balorda ergo da queste parti butta di male in

mangiare bere rinfrescare le idee sotto la doccia mi frega un beato, figurarsi eiettarmi dalla tana per fare ballotta con la masnada dei sodali, il batterista autodidatta Depression Tony & Helios Nardini col caschetto sixties biondo cenere & quel kranio al fosforo del vecchio Hoge, pronunzia Oghe, i soci miei nell'avventura musicale delle Anatre di Central Park, una band ancora sommersa nell'underground felsineo di cui sentirete parlare molto presto forse

amici miei preziosi, quei tre, sempre sia lodato l'Ottimo Massimo per i tesori che ci riserva, però cazzodibuddha essi non capiscono, nessuno può capire com'è naufragare a 'sta maniera, nausea gambe vuote un ronzio perenne nel backstage delle tempie e l'anima carica di ragnatele, roba da vergognarsi a confidarla al fido magnetofono, figurarsi a

sono stanco di confondere la notte col giorno, il passato col presente, le cuffie del walkman ormai fuse ai padiglioni, e soffocare pian piano mentre fuori, ziofèster, sarebbe ormai estate

Quali eventi condussero il vecchio Alex al devasto, i più svegli della cucciolata lo avranno già intuito.

Se brancolate, dopo i due punti arriva un indizio: c'entrava una ragazza, okkei, diversa da tutte le altre. Ogni piccola cosa che lei faceva era magica, capirete, ogni piccola cosa bastava a farlo sentire vivace ed elettrico, come se la primavera fosse all'improvviso arrangiata per piano, sintetizzatore e steel drums caraibici. Ma adesso lei era partita per un mondo lontanissimo.

Per amor di precisione, da una settimana piena ella si trovava ospite in una certa contea della Pennsylvania, barbaramente ignorata dall'atlante del nostro (così che, anche volendo, lui non sapeva quale punto esatto della mappa andava sfiorato di polpastrelli per indirizzarle perdonàtelo una tardiva carezza).

Proprio così, fratellini e sorelline. La soave Adelaide detta Aidi si sarebbe trattenuta in America un intero anno scolastico.

Il suo ritorno era dunque lontano dodici lune abbondanti, e il nostro non concepiva come traghettarsi vivente sino a quel giorno.

il giovanotto con la spina nel fianco ormai l'ha capito, la confusione negli occhi di lei dice tutto. ha perso il controllo, si aggrappa al primo che passa, ha perso il controllo, e sarò io questa sera la cena del ragno

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