La Jong non ha più «paura di volare» e ora antologizza la vita erotica

La scrittrice americana protagonista di un dibattito molto «politicizzato» alla Biblioteca Marciana di Venezia e diventa paladina dei diritti delle donne italiane che lavorano

Sono passati quasi otto lustri da quando Erica Jong ha dato alle stampe «Paura di volare». Era il 1973 quando la protagonista del romanzo, una trentenne in crisi sentimentale che tenta di liberarsi anche con la psicanalisi di un marito-despota più grande di lei, confessò quello che ancora era l'inconfessabile: il desiderio sessuale della donna.
Il romanzo fece scalpore. Mai una donna aveva usato parole così «pornografiche» (a detta dell'establishment della cultura conformista). A 38 anni di distanza Erica Jong misura ancora le parole per cercare lo scandalo. In questo caso politico. Cerca di imporsi come maître à penser. E poco importa se qualcuno può ancora affibiarle invece il titolo di maitresse.
Ieri la scrittrice americana, che nel 1975 si è aggiudicata proprio per il suo romanzo più celebre il prestigioso premio Sigmund Freud per la letteratura, ha partecipato a un incontro pubblico alla Biblioteca Marciana di Venezia. Il tema dell'incontro era la poesia femminile. I versi delle grandi poetesse, da Saffo a Emily Dickinson, hanno funzionato essenzialmente come pretesto. Il dibattito, infatti, è scivolato presto verso altri lidi. Fino a raggiungere in un batter di ciglia quello del ruolo della donna nella società italiana di oggi.
«Bisogna pensare in modo positivo, se si vuole cambiare la politica - ha spiegato la Jong - e smetterla di pensare in negativo: non dite che Berlusconi è negativo, dite piuttosto "abbiamo bisogno di un nuovo programma in Italia, abbiamo bisogno di assistenza sanitaria e sociale quando siamo incinta, abbiamo bisogno di un sistema sociale che ci supporti quando i bambini sono piccoli"». Dati precisi e statistiche latitano ma il messaggio ha l'impatto retorico sperato. «Chi se ne frega di Berlusconi, Craxi o Mussolini. Non ce ne frega niente - ha proseguito -: adesso in Italia abbiamo bisogno di un nuovo inizio. Questo è importante. Le donne italiane ne hanno bisogno per i loro bambini, per dare all'Italia il loro talento: l'Italia è piena del talento delle donne».
E dall'alto del suo magistero arriva il consiglio un po' paternalista (ma va bene per una femminista?): «Siate positive, non negative. Non pensate a Berlusconi. Prima di venire qui sono stata ad un incontro a Copenaghen, c'erano le donne con i loro bambini. Lì lo Stato paga un anno di contributi a quelle che fanno un figlio, così possono stare a casa, a un anno i bimbi vanno al nido, con insegnanti eccellenti, dove vengono educati e tenuti con cura, non c'è bisogno di babysitter o di nonne, vai a lavorare e ti riprendi il bimbo al pomeriggio, e gli uomini sono molto interessati a collaborare».
«E loro, le donne protestano, sapete perché? Non vogliono tornare al lavoro, lì il dibattito è: posso stare a casa per cinque anni? Io - ha proseguito l'autrice del bestseller da 18 milioni di copie - dico loro: se restate a casa finché i figli hanno vent'anni finiranno per odiarvi, cresceranno viziati e privi di nerbo». «Non abbiamo alcuna necessità di stare in casa 24 ore al giorno - ha sottolineato ancora Erica Jong -: le donne in Italia hanno bisogno di un supporto perché non possono continuare a ricorrere alla nonna per tenere i bambini, questo è il sostegno che serve alle donne in Italia».
Parlando di poesia, la scrittrice - presentata dalla docente di Ca' Foscari, Rosella Mamoli Zorzi - l'ha paragonata alla sua gatta, «che va, si nasconde e ritorna: non è come la prosa che puoi dire: mi fermo e scrivo tre pagine.

La poesia scappa e torna, come la mia gatta», protagonista di una composizione che è anche un manifesto poetico. Il prossimo libro, invece, ha anticipato la Jong, sarà un'antologia di testi «di vita erotica, non molto espliciti, psicologici piuttosto», con scritti della figlia e di altre scrittrici di diverse generazioni.

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