L’appello Letizia pretenda più soldi dal governo

di Carlo Maria Lomartire
Mi piacerebbe, ha ammesso sconsolato il sindaco Moratti l’altra sera durante l’incontro col collega romano Alemanno alla festa del Pdl al Castello sforzesco, che il governo desse a Milano una piccola parte dei soldi che dà a Roma. La frase era riferita alla differenza fra la realizzazione del Maxxi nella capitale, quasi interamente finanziato dallo Stato, e del Museo del Novecento a Milano, pagato tutto «con i nostri soldini». Il senso, tuttavia, era molto più generale, evidentemente Letizia non si riferiva solo a musei e biblioteche. A tutti i milanesi, infatti, piacerebbe che la loro città potesse disporre di «una piccola parte» dei privilegi normativi e finanziari, del sempre attento occhio di riguardo di cui gode Roma.
Nell’interesse del Paese, perché anche Milano è una città speciale, con un ruolo particolare per il paese. Quindi brava Letizia! Bene, benissimo ha fatto a marcare le odiose differenze di trattamento. Con una sola annotazione: forse queste cose non vanno dette ad Alemanno che sta svolgendo ottimamente il suo compito di primo cittadino romano, ottenendo per la sua città quello che riteneva giusto e utile ottenere dal governo - egemonizzato, dicono, da un mitico «asse del Nord» - fino al decreto per Roma capitale, tranquillamente approvato anche dai ministri della Lega. No, caro sindaco, queste rivendicazioni, pur sacrosante, non vanno fatte ad Alemanno, che si limita a fare, e bene, il suo mestiere e che bene ha replicato: «Già basterebbe premiare comuni virtuosi come Milano». Sono rivendicazioni, caro sindaco, che vanno portate a Palazzo Chigi. Bisogna parlarne, con la stessa pacata fermezza usata l’altra sera al Castello sforzesco, al presidente del Consiglio Berlusconi, al ministro delle Finanze Tremonti e a tutti i ministri milanesi e nordisti, a cominciare da quelli della Lega. E allora, sindaco Moratti, faccia di questa rivendicazione uno dei punti centrali della sua campagna elettorale, annunci di voler chiedere, pretendere per Milano un trattamento che le permetta di svolgere adeguatamente il ruolo di capitale economica del paese. Forse è necessario anche fare la voce grossa, di tanto in tanto: ad esempio non mi sono mai spiegato la paciosa indifferenza con cui l’amministrazione milanese, i mezzi d’informazione milanesi, i ministri e i parlamentari milanesi (e la Lega) hanno accettato lo scippo dell’Agenzia per l’Innovazione, trasferita da Milano a Roma. Non ricordo proteste. Ecco, se si dà l'impressione di lasciar disporre a piacimento del buon carattere di Milano - «tanto quelli non protestano e continuano a votare per noi» - allora è inutile rinfacciare ad Alemanno i privilegi che Roma, invece, riesce a strappare.

Di questi tempi si parla tanto di «perequazione», soprattutto a proposito del federalismo.
Bene, ora tocca a Milano pretendere una perequazione normativa e finanziaria con la capitale politica. Mi sembra, caro sindaco, un ottimo spunto per una campagna elettorale incisiva e diversa.

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