L’esercito Usa fa la "cyberguerra"

Per parare i colpi di cinesi e russi la Casa Bianca crea una nuova figura: un super esperto coordinerà militari e scienziati che si occupano di conflitti informatici. E il Pentagono chiede investimenti per oltre 17 miliardi di dollari

L’esercito Usa fa la "cyberguerra"

Una guerra segreta, senza esclusioni di colpi, che può rallentare il programma nucleare iraniano o far cadere in trappola i terroristi di Al Qaida, senza sparare un colpo. Il nemico, però, è in agguato e si infiltra nelle difese del Marine One, l’elicottero del presidente americano, o ruba i piani del cacciabombardiere alleato di ultima generazione F35. Non solo: la rete di computer di un governo, il sistema elettrico, bancario, telefonico del Paese può essere messo ko senza sganciare una bomba. In inglese si chiama «cyberwar», la guerra cibernetica che si infila ovunque ci sia un computer e usa internet come un campo di battaglia. Non è fantascienza e lo dimostra la richiesta del Pentagono al presidente americano Barack Obama di aumentare lo stanziamento di 17 miliardi di dollari per la «cyberwar», previsti nei prossimi 5 anni.La Casa Bianca proprio in questi giorni nominerà un super esperto dell’amministrazione per affrontare la guerra del futuro, che ha già colpito nel presente.

In prima fila i russi ed i cinesi, ma ci provano pure gli iraniani. Il New York Times di ieri, in un lungo articolo sulla guerra cibernetica, racconta l’offensiva invisibile ed elettronica dei russi durante la guerra della scorsa estate fra Ossezia e Georgia. Gli specialisti di Mosca hanno mandato in tilt il sistema di computer del governo georgiano. Anche le informazioni su internet, l’acquisto di biglietti aerei o il ritiro di contanti dai bancomat sono stati paralizzati.

Una fonte del Giornale spiega come i cinesi sono probabilmente riusciti a «copiare» i piani del F25 Joint Strike Fighter, il caccia del futuro degli americani e di molti alleati. Sarà assemblato in Italia con importanti ricadute industriali ed occupazionali. Il sospetto è che Pechino abbia pagato alcune società che fornivano server e computer alla Difesa Usa. Nel momento in cui il server veniva attivato o il computer entrava in linea si apriva una «backdoor», una porta virtuale segreta che trasmetteva tutti i dati a chi aveva gestito l’operazione. Una società di sicurezza informatica si è accorta che gli iraniani erano riusciti ad infiltrarsi nei dettagli riservati del Marine One, l’elicottero del presidente americano. I piani «rubati» per via elettronica sono stati tracciati l’ultima volta lo scorso 25 febbraio su un indirizzo internet di Teheran.

Anche il Pentagono ha usato la guerra cibernetica. Secondo il New York Times i computer degli operativi di Al Qaida in Irak sono stati infiltrati con false informazioni sui movimenti delle truppe Usa. Ben più delicata e segreta l’operazione che è stata autorizzata negli ultimi mesi di mandato dal presidente George W. Bush. Un’offensiva cibernetica per sabotare il programma nucleare iraniano, impiantando virus o falsi dati nei computer utilizzati nei siti per l’arricchimento dell’uranio. I virus non sono quelli di un tempo, ma vere e proprie bombe elettroniche ad orologeria annidate fin dall’assemblaggio della macchina in alcuni componenti. Al momento giusto vengono attivate per distruggere il sistema o controllarlo a distanza in maniera invisibile.

Mike McConnell, direttore dell’intelligence Usa fino a tre mesi fa, ha dichiarato che un attacco cibernetico al sistema finanziario americano «potrebbe avere un impatto superiore a quello dell’11 settembre». Non a caso il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, vuole costituire un Comando cibernetico simile a quello già attivo per le armi nucleari.

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