Bruno Ferrante, candidato sindaco dell'Unione, ha dei ritorni di fiamma, come certi motori malregolati che sputano fuoco e botti nei momenti meno opportuni. Siamo quasi alla fine di maggio, la sabbia della clessidra elettorale scivola inesorabilmente, ma Ferrante ha il capo rivolto all'indietro. Ritorna col pensiero a quasi un mese fa e adesso, l'ex prefetto d'assalto dice di soffrire molto per la solidarietà che il 25 aprile fu espressa - anche da esponenti dall'Unione, ma soprattutto da figure istituzionali di rilievo - a Letizia Moratti, contestata e insultata mentre, nel corteo della Liberazione, spingeva la carrozzella su cui su trovava suo padre, sopravvissuto ai lager nazisti. L'attacco alla Moratti fu una cosa barbara e indegna, lo sappiamo tutti, tranne Bruno Ferrante, il quale non solo non trova il coraggio civile di riconoscere le ragioni della sua rivale, ma addirittura ritiene sbagliato che altri abbiano potuto solidarizzare con l'ex ministro all'Istruzione.
Non gli va giù, ad esempio, che l'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, abbia telefonato a Letizia Moratti per esprimerle in quell'occasione simpatia e solidarietà. Bruno Ferrante, per la sua esperienza di prefetto, dovrebbe avere il senso delle istituzioni e della legalità repubblicana, ma la sua natura faziosa, di uomo di parte e candidato inventato, ha preso il sopravvento e gli ha fatto perdere il senso delle proporzioni. Adesso dà lezioni di galateo civile anche al presidente emerito Ciampi: ha sbagliato, dice, mi ha provocato molto dolore quando ha telefonato a Letizia Moratti.
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