Le anime belle che silludono di vincere il male sventolando la bandiera arcobaleno e le anime furbe che cinicamente trafficano in pacifismo le une e le altre stanno nella coalizione raggrumatasi intorno a Romano Prodi rifletteranno, si spera, sullattacco che ieri sera è stato compiuto contro i nostri militari di stanza a Nassirya. Un altro morto, quattro feriti di cui uno grave, ancora un lutto per tutto il Paese, per quello almeno che sidentifica con i cittadini che servono, in armi, le ragioni della civiltà e della sicurezza.
I pacifisti in buona e malafede sostenevano che sarebbe bastato annunciare, chiara e forte, la volontà dellItalia di ritirare la sua missione di pace dallIrak perché dincanto cessassero gli atti di ostilità nei confronti dei nostri militari. Dello stesso avviso si sono dichiarati, nei fatti, i nostri confusi governanti attuali, che hanno pubblicizzato al massimo la volontà di disimpegno diciamolo pure, di fuga ma la realtà, le ragioni del terrorismo che vuole a tutti i costi impedire la stabilizzazione e il consolidamento della democrazia in quel tormentato Paese hanno un altro passo e unaltra logica.
Quello di ieri è il secondo attentato registrato da quando è cambiata la maggioranza di governo, da quando cioè è andata al potere una coalizione eterogenea che ha fatto del ritiro italiano dallIrak uno dei suoi cavalli di battaglia. I terroristi irakeni seguono la politica di tutti i Paesi impegnati a vario titolo in quellarea del Medio Oriente, ma poi attuano la loro. Vogliono mano libera, non vogliono testimoni di nessun genere, non vogliono stranieri che possano testimoniare o interferire nel feroce regolamento di conti che perseguono, per ottenere il controllo del Paese, prima, e sviluppare, poi, la loro influenza nellarea.
Se il governo italiano intende fare la sua parte per restituire sicurezza a quella terra sventurata e contrastare concretamente i piani dei terroristi non può e non deve lanciare annunci di «sganciamento» sperando che le sue buone intenzioni commuovano i kamikaze o gli specialisti del terrore che minano i bordi delle strade. E men che meno può parlare avventatamente di cambiamento della «natura della missione». Parecchi esponenti del governo e della maggioranza affermano la necessità di inviare in Irak più civili, cooperatori esperti nel ripristino e nella realizzazione dei servizi essenziali che contribuiscano alla ricostruzione. Alla luce di quanto è accaduto e sta accadendo questidea di moltiplicare il numero dei civili, ritirando nel contempo, entro lanno, il contingente militare è una infelice illusione.
Sarà bene ricordare che in Irak sono state rapite due cooperatrici italiane (le due Simone) che lavoravano per unorganizzazione non governativa, notoriamente critica verso lintervento anglo-americano. È stato ucciso il giornalista Enzo Baldoni, che era su posizioni pacifiste e anti-Usa; è stata rapita la giornalista Giuliana Sgrena, anche lei fieramente critica nei confronti degli americani.
Il problema principale in Irak è quello della sicurezza e per ogni civile che dovrà prestare la propria opera in quel Paese ci vorrà più di un militare.
Unultima notazione. Si spera che gli esponenti della sinistra radicale che hanno partecipato alla manifestazione contro le forze armate, il 2 giugno, ci risparmino nel giorno del lutto gli esercizi di ipocrisia.
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