Le iniziative politiche di Veltroni e di Berlusconi, speculari e parallele, hanno indubbiamente rimesso in moto un quadro politico stagnante, anzi cristallizzato e congelato intorno «al mestiere delle armi», intorno alla mistica di un bipolarismo di guerra, fatto dalla contrapposizione di due coalizioni vastissime, ma impotenti a governare.
Appena però si sono concretizzate timide forme di confronto intorno alle regole generali, subito la voglia di normalità democratica è stata demonizzata ed esorcizzata come «inciucio» eticamente riprovevole; appena in qualche modo ha preso forma una fragile prospettiva di superamento di questa interminabile transizione, subito si sono moltiplicati i sospetti, gli sdegni moralistici, i giacobinismi viscerali; si sono messi in moto i fautori delle trame oscure, dei colpi di mano, del giustizialismo militante.
Ma, nonostante le difficoltà, le resistenze aspre, le trame ostili e immobilizzanti, solo un nuovo spirito costituente che fondi un nuovo sistema bipolare basato sulla normalità e su due grandi partiti alternativi per il programma e per la collocazione europea, ci può tirare fuori dalla crisi.
Quindi la via strategica imboccata è quella giusta: bisogna resistere alle trame oscure e rendere irreversibile il processo di pace e di normalità tra i partiti.
Il contributo più serio che larea politica dei moderati può dare a questo processo non è il Partito unico del centrodestra, perché non serve una sommatoria emotiva di ambiguità.
La via maestra è quella del Partito del popolo della libertà come manifestazione italiana del Ppe, alleato con la Lega e con altre forze moderate, che non si riconoscono nel Ppe.
*membro dell'Ufficio politico del Ppe
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