L’occhio preventivo Ue sui bilanci pubblici Ma è stallo sulle sanzioni

Rafforzare le regole senza modificare i trattati. Applicare sanzioni in maniera semi-automatica ai Paesi che violano le regole di bilancio. Eseguire controlli preventivi europei sui bilanci nazionali. É un’agenda impegnativa quella della task force europea - istituita durante la crisi greca, guidata da Herman Van Rompuy e composta dai ministri finanziari dei Ventisette - che si è riunita ieri pomeriggio a Bruxelles nel tentativo di mettere in piedi i pilastri di un nuovo Patto di stabilità. Oggi se ne discuterà in due riunioni successive, Eurogruppo ed Ecofin.
Il primo passo è rappresentato dal controllo preventivo Ue sui bilanci nazionali, già dall’anno prossimo. Ne ha parlato Giulio Tremonti a Cernobbio, introducendo due nuove sigle (SCP per Stability and Converce Program, e NRP, National Reform Program). In sintesi, le sessioni di bilancio dei Paesi europei dovrebbero essere coordinate nei tempi, e sottoposte a un esame preventivo a Bruxelles. L’intesa in proposito «marcherà la fine delle politiche national oriented - ha detto Tremonti - e la nascita di una vera e nuova politica economica europea comune, coordinata e collettiva». Verrebbe istituito un semestre europeo di bilancio, durante il quale ciascun Paese presenta le proprie leggi finanziarie in anticipo rispetto ai Parlamenti nazionali.
Ma se sul «semestre» l’intesa c’è, sulle sanzioni l’accordo è lontano. Il tutto è rinviato almeno a ottobre perché «la strada da percorrere è ancora lunga», spiegano fonti comunitarie. «Le sanzioni semi-automatiche devono essere credibili - osserva il commissario all’Economia, Olli Rehn - e rappresentare una normale conseguenza in caso di violazione delle regole». In realtà, la procedura per deficit eccessivo già prevede la possibilità di una «multa» pari allo 0,5% del Pil del Paese sanzionato. Un’ipotesi finora rimasta sulla carta. La spagnola Elena Salgado ha già detto che non accetterà sanzioni, neppure sul mancato utilizzo dei fondi strutturali.
Né grandi prospettive appaiono all’orizzonte per la tassa sulle transazioni finanziarie in Europa, caldeggiata dalla Germania e dalla Francia, e già rigettata in sede G20. Molti i Paesi contrari, tra cui l’Italia. «Non prevedo un accordo sulla tassa né oggi né domani», ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Junker. Né pare vicina la «tassa sulle banche», il contributo degli istituti creditizi a un fondo anticrisi.
Il 15 settembre Bruxelles presenterà le nuove regole sui prodotti finanziari ad alto rischio, su cui arriverà una «stretta». L’accordo sulla vigilanza europea, sponsorizzato dal commissario Michel Barnier, è vicino, e il 1° gennaio nascerà l’European systemic risk board, sotto l’egida della Bce, che dovrà vigilare sui rischi sistemici.

In casi di emergenza, la nuova Autorità potrebbe limitare o addirittura vietare le vendite allo scoperto di credit default swap sugli Stati. Le misure a livello europeo dovrebbero evitare iniziative unilaterali, come il blocco della Germania alle vendite allo scoperto, deciso nel mezzo della crisi greca.

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