Non tutte le donne vengono per nuocere. La Letizia Moratti, per esempio, corre verso il secondo mandato e intende guadagnarselo con la solita grinta e con la solita tranquillità, se i milanesi ci staranno. Il lavoro ben fatto, da quando ha assunto incarichi pubblici, è una sua prerogativa. Non gridata, non sbandierata, considerata quasi ovvia. È che la signora è fatta così. Se presiede la Rai, forma uno staff di prim’ordine, completa il suo mandato temperando le polemiche, specialità aziendale, e restituisce all’azionista pubblico, concluso il mandato, una televisione molto dignitosa. Se guida il ministero dell’Istruzione, fronteggia le solite rivolte di studenti e professori, specialità ministeriale e stagionale, con calma e savoir faire . Introduce nella scuola italiana il principio di competizione, perché sa che l’ozio è il padre dei vizi e il monopolio burocratico è differente dall’obiettivo primato del pubblico nell’educazione statale. Se diventa sindaco di Milano fa pochi scontenti, quelli ci sono sempre, ma tiene in pugno una grande città europea ricca di conflitti, la proietta sulla scena del mondo con il progetto dell’Expo, non si cura del chiacchiericcio, realizza quel che ha promesso, commette qualche inevitabile sbaglio, guarda e passa. Presidente della tv di Stato, ministro o borgomastro, la Moratti è un tipo di leadership femminile che persuade senza necessariamente voler incantare, e per questo è oggetto di attenzioni speciali da parte del mondo ideologico che odia le persone capaci, gli imprenditori in politica, la ricchezza familiare. Detesta in specie chi mette soldi nella vita pubblica invece di pretenderne, soprattutto se finanzia generosamente la comunicazione elettorale della sua campagna per Milano, uno scandalo per Beppe Grillo, il gran buffone simpatico e imbroglioncello che vede la vita privata come un albergo a cinque stelle, il suo simbolo elettorale, ma si comporta in modo molto austero nella vita pubblica. (Caro risparmioso Grilletto, per finanziare la mia campagna contro l’aborto ci ho messo duecentocinquantamila euro, mi dicono che tu ne hai messi a stento due o tremila, per riempire le piazze di un pubblico che al momento buono ti verrà a trovare al botteghino, infatti non conosci il precetto americano: put your money where your mouth is , metti il tuo denaro a garanzia delle tue parole, insomma credici).
La Moratti è parte di una generosa filiera di donne politiche capaci di pensare il proprio lavoro, e di farlo in mezzo ai piccoli e grandi linciaggi dell’epoca dell’indignazione, cioè dell’ipocrisia della menzogna. Penso alla Mariastella Gelmini, che è arrivata a Roma dalla Lombardia per mettere a posto le baronie universitarie, almeno in parte. Alla Mara Carfagna, che è stata aggredita in modo volgare perché è «die schönste Ministerin der Welt», la più bella ministro del mondo secondo la stampa tedesca, e ha risposto, delizioso paradosso, varando la benedetta legge che sanziona le molestie alle persone, lo stalking , e illustrandosi per la sua sincera battaglia contro l’omofobia in un governo con un presidente fin troppo macho . Alla Stefania Prestigiacomo, così radicalmente diversa per pragmatismo dall’ideologo dei rifiuti, il Pecoraro Scanio di buona memoria, il ministro che diceva sempre di no quando si trattava di buttar via la spazzatura. Non sopporto le retoriche al femminile, ma la donna in politica mi piace, quando è così. Di Rosa Jervolino Russo o Russo Jervolino (non si è mai capita la successione onomastica) so poco. So quanto basta. Come sindaco di Napoli, lei che è una brava persona in politica da un’era geologica, una professionista che meritava la pensione dieci anni fa, ha clamorosamente fallito. Ora detta interviste lagnose alla Repubblica , se la prende con Berlusconi che la odia perché non è «comprabile», e anche per soprammercato con il suo partito, il Pd, che l’ha sottoposta a uno «stillicidio » di critiche aspre e di menzogne selvagge, lasciandola sola davanti ai poteri forti. Napoli è un disastro, riconosce, uno sfasciume civile incorniciato dal più bel mare del mondo, ma la colpa non è sua e non ci si può fare niente, nemmeno criticare è lecito. Ecco un modello di leadership femminile che per fortuna è al tramonto. Infine c’è la Emma, la Marcegaglia. Ha riunito ieri gli industriali della sua associazione, la Confindustria. Dicevano che la riunione è «a porte chiuse», non ci volevo credere. In realtà sono invitati solo politici in stand by , ancora non provati dal consenso (come l’elegante golden boy Luca Cordero di Montezemolo, uno che farebbe bella figura alla Farnesina e pessima nella cucina della politica) perché quelli che il consenso lo hanno chiesto e ottenuto hanno altro da fare. Porte chiuse. Sfogatoio. Rinuncia. Della Marcegaglia, che è personalmente una donna operosa e mite, capacissima nel piccolo punto associativo, si ricorderanno frasi storiche come «ognuno faccia la sua parte» o «ci sentiamo tanto soli», non proprio stile Churchill. Un po’ grigia la performance come editore. Ma per il resto una missione onesta, firmati i contratti giusti, anche senza la superba Cgil, e qualche spintarella da comizio in favore della crescita, di tanto in tanto, è perfino arrivata.
Il risultato in generale è che in Confindustria non c’è più la Fiat, una cosina così, e gli altri ci stanno con un po' di noia da routine. In compenso c’è l’impresa «in rete», come se fosse un pesce. Ma non tutte le donne vengono per nuocere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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